giovedì 24 dicembre 2009

LA COLONIZZAZIONE PIEMONTESE ED IL TRACOLLO DEL SUD

La storia andrebbe scritta basandosi sui documenti, ma i nostri libri di scuola e la tanta letteratura risorgimentalista, questo non l’hanno fatto e non lo fanno ancora: Raccontano tante balle. Le balle utili a chi invase un pacifico, tranquillo Regno, affacciato sul mare, conquistò, massacrò ed aveva poi bisogno di costruirsi una verginità di fronte alle future generazioni.

Noi tutti ci siamo formati su questi testi. E’ una tecnica antica: ripeti mille volte una bugia e questa diventerà verità: Il Sud è arretrato? Colpa dei Borbone, come se gli ultimi 150 anni non avessero per nulla inciso sulla nostra vita. A Firenze, se qualcosa non va bene, non mi pare se la prendano con il Granduca…
La Reggia di Caserta? Una cattedrale nel deserto. I primati tecnologici del Regno: il telegrafo, i ponti in ferro, le ferrovie? Fandonie raccontate dai nostalgici. Si nostalgici, così vengono definite migliaia di persone che, amando la propria terra, cercano di recuperare l’orgoglio meridionale perduto, raccontando ogni giorno la verità storica, negata, di queste lande bruciate, più che dal sole:dalle camorre, dalle mafie, dalle ‘ndranghete che ci avvelenano, ogni giorno di più l’esistenza.

Povera Patria, canta del suo Sud il grande Battiato ed in un cupo pessimismo recita: “Non cambierà”. Poi però, si rivede la luce, rinasce la speranza:”Si. Cambierà! Vedrai che cambierà!”

Ed il vento sta già cambiando. Non passa giorno che sulla stampa nazionale a Nord come a Sud, si pubblichino sconcertanti e ben documentati articoli che descrivono un Sud molto migliore di quello raccontatoci e di quali atrocità furono commesse dai Piemontesi conquistatori.
Lo stemma Borbonico è un simbolo di “identità storica” della Nazione Meridionale. Qualcuno si è mai scandalizzato per la presenza della bandiera con il leone di S. Marco nell’omonima piazza a Venezia? Eppure è il simbolo dell’antica Repubblica! Se va bene quella…

La verità storica del Sud sta finalmente emergendo, in tutta la sua crudezza.
Nessuno la potrà fermare. Per uno, che ancora si riempie la bocca con “l’eroica impresa dei 1000”, ne spuntano cento che vogliono sapere cosa avvenne. Cosa accadde davvero ai nostri bisnonni.
Il divario Nord-Sud inizia con l’unità d’Italia ed aumenta anno dopo anno fino al dramma attuale. Prima non vi erano grandi differenze nel reddito pro-capite e nel PIL, anzi, la situazione economica del Regno meridionale, nel 1861 anno dell’invasione, era assolutamente favorevole al decollo verso grandi prospettive.

PRIMO CENSIMENTO GENERALE del neonato Regno d’Italia nel 1861 dal testo: “Scienza delle Finanze” di Francesco Saverio Nitti, grande economista e statista, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia, dal 23 giugno 1919 al 15 giugno 1920.
edito da PIERRO nel 1903, pag. 292.

MONETE DEGLI ANTICHI STATI ITALIANI AL MOMENTO DELL’ANNESSIONE
(in Lire Italiane del 1861)

Lombardia milioni 8,1

Ducato di Modena milioni 0,4

Parma e Piacenza milioni 1,2

Roma milioni 35,3

Romagna,Marche,Umbria milioni 55,3

Piemonte e Sardegna milioni 27,0

Toscana milioni 85,2

Venezia milioni 12,7

Regno delle Due Sicilie milioni 443,2


Totale milioni 668,4

Da questa tabella si può facilmente evincere come Il Regno Delle Due Sicilie avesse nel 1861, momento dell’annessione, Il 66.3% della ricchezza contro il 33.7% di tutti gli altri stati della penisola messi insieme.
Questo risultato fu raggiunto con la grande politica di investimenti e risanamento voluta da
Ferdinando II.
Il Regno, al momento dell’annessione, era nelle migliori condizioni per decollare. Già era in atto un graduale passaggio dall’ economia rurale a quella industriale. Il paese, primo in Italia, si stava dotando di moderne infrastrutture quali il telegrafo elettrico, le navi a vapore o le ferrovie che, dopo l’inaugurazione del primo tratto Napoli-Portici nel 1839, raggiunsero: nel 1840 Torre del Greco, nel 1842 Castellammare, nel 1844 Nocera, nel 1843 Caserta. Furono previsti biglietti ridotti per i cittadini meno abbienti, vale a dire «alle persone di giacca e coppola, alle donne senza cappello, ai domestici in livrea ed ai soldati e bassi ufficiali del real esercito».

E’ vero che i tempi di realizzazione del programma ferroviario risultarono lunghi ( al 1860 il Piemonte, aveva molti più chilometri di ferrovia realizzata) ma è anche vero che la conformazione geografica del Sud era molto più “complicata” rispetto alle pianure padane (specie per i mezzi dell’epoca). E comunque il Regno era all’avanguardia nella tecnologia ferroviaria, basti pensare che a partire dal 1847 lo stabilimento di Pietrarsa (Na) –la più grande industria metal-meccanica della penisola- fornì al Piemonte 7 locomotive. I nomi erano: Pietrarsa, Corsi, Robertson, Vesuvio, Maria Teresa, Etna e Partenope. [Cfr. Il centenario delle ferrovie italiane 1839-1939 (Pubblicazione celebrativa delle FF.SS), Roma 1940, pp. 106, 137 e 139].
Con l’unità d’Italia, il progetto di re Ferdinando II di realizzare una rete ferroviaria dal Tirreno all’Adriatico fu abbandonato e non venne più realizzato. I governi unitari dei re sabaudi, salutati come “Portatori del modernismo al Sud”, ma anche quelli: Fascisti e Democristiani, mai si interessarono a sviluppare agevoli collegamenti all’interno del Sud, anzi si concentrarono sullo sviluppo delle linee Sud-Nord per agevolare il trasferimento della mano d’opera meridionale al Nord. Ne tuttora se ne interessano Post-comunisti e Berlusconiani se è vero, come è vero, che tali collegamenti non esistono o, dove esistono, sono a dir poco “allucinanti”.

POPOLAZIONE OCCUPATA

Piemonte e Liguria 1.687.430

Lombardia 1.654.574

Parma e Piacenza 263.917

Modena, Reggio e Massa 329.537

Romagna 516.289

Marche 402.057

Umbria 297.464

Toscana 897.164

Sardegna 199.276

Regno delle Due Sicilie 5.000.689


Regno delle Due Sicilie abitanti al 1861 8.000.000
Resto d’Italia abitanti al 1861 17.000.000


Totale occupati Regno Due Sicilie 5.000.689 62.5% della popolazione
Totale occupati resto d’Italia 6.022.536 35.4% della popolazione


NUMERO DEI POVERI (in percentuale alla popolazione)


Piemonte e Liguria, Lombardia, Parma e Piacenza,
Modena, Reggio e Massa, Romagna,Marche,
Umbria, Toscana, Sardegna 1.41%

Regno delle Due Sicilie 1.38%



Benché decisamente sfavorevole alle regioni settentrionali, il numero relativo ai poveri è abbastanza similare tra i due blocchi; tuttavia bisogna considerare che, mentre il dato percentuale per le Due Sicilie è definitivo, al resto d’Italia mancano, rispetto ad oggi, varie regioni (non ancora annesse nel 1861) come il Lazio o il poverissimo triveneto (almeno in quell’epoca) dal quale, causa l’enorme miseria, era già in atto da molti anni una massiccia emigrazione. L’aggiunta di questi ulteriori dati, certamente ritoccherebbe ancora in peggio la percentuale dei poveri relativa al resto d’Italia.


Nel 2007 gli illustri economisti:

Paolo Malanima ( ISSM-CNR ) e Vittorio Daniele (Università “Magna Græcia” )

a conclusione di uno studio approfondito, hanno pubblicato nella
RIVISTA DI POLITICA ECONOMICA MARZO-APRILE 2007:

“Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)”


Vediamone le tabelle alle pagg. 5 – 6 – 9 – 21 di cui al link:


http://www.rivistapoliticaeconomica.it/2007/mar-apr/Daniele_melanima.pdf



Si potrà notare un sostanziale equilibrio nei salari tra le due aree geografiche. Non certamente lo squilibrio tutto a favore del Nord di cui la storiografia di regime ci ha parlato negli ultimi 150 anni. Gli studiosi al paragrafo 4 - pag. 285 così recitano:

“La nostra ricostruzione induce, dunque, a ritenere che, alla data dell’Unità, non vi fossero differenze tra le due aree del paese. Nell’Italia di allora — un Paese complessivamente arretrato rispetto alle grandi nazioni europee — le differenze locali, dipendenti dalla disponibilità o carenza di risorse immobili, e segnalate dalla relativa concentrazione spaziale di popolazione e attività produttive, appaiono assai più rilevanti di quelle regionali nella geografia nazionale della ricchezza e della povertà.”

Guardiamo ora il PIL pro-capite. E’ qui che si nota come, con l’arrivo dell’Unità d’Italia, le cose cambiano. L’abbattimento delle dogane tra i vari stati della penisola e le promesse Piemontesi a Francia ed Inghilterra, di favorirne le esportazioni, portò ad una forte concorrenza che si rivelò distruttiva per le produzioni meridionali.
Dal 1861 al 1900, il Sud ancora resiste e le due aree sono sostanzialmente alla pari, ma l’abolizione degli “Usi civici” (provvedimento Borbonico grazie al quale i contadini detenevano terreni demaniali) e le leggi sulla requisizione dei beni ecclesiastici (legge 7 luglio 1866 di soppressione degli Ordini e delle Corporazioni religiose e legge 15 agosto 1867 per la liquidazione dell’Asse ecclesiastico) avevano provocato un disastro.
La vendita al miglior offerente di quei terreni, procurò molti quattrini ad un Piemonte fortemente indebitato, ma gettò sul lastrico migliaia e migliaia di famiglie, che da essi traevano sostentamento. Non restò che la via per le Americhe. I “Galantuomini” liberali, che avevano spianato la strada ai nuovi conquistatori, detenendo il potere nei municipi, di quella “Bella Torta”:fecero ingordo banchetto.
Nasce qui il grande latifondo e la “Questione Meridionale”. Prima non ve n’era traccia alcuna.


Andiamo ora a leggere le conclusioni dei due studiosi a pag. 293 al link:


http://www.rivistapoliticaeconomica.it/2007/mar-apr/Daniele_melanima.pdf



…..Il caso dell’Italia è particolarmente interessante sotto questo profilo, dato il rilievo con cui la crescita ineguale si è presentata dall’epoca dell’unità politica del paese. Le presente ricerca e quelle recenti sulla crescita ineguale dell’Italia inducono a ritenere:

— che divari rilevanti fra regioni, in termini di prodotto pro
capite, non esistessero prima dell’Unità;

— che essi si siano manifestati sin dall’avvio della modernizzazione
economica (più o meno fra il 1880 e la Grande Guerra);

— che si siano approfonditi nel ventennio fascista;

— che si siano poi ridotti considerevolmente nei due decenni
fra il 1953 e il 1973; (grazie alla cassa per il mezzogiorno n.d.r.)

— che si siano aggravati di nuovo in seguito alla riduzione
dei tassi di sviluppo dell’economia dai primi anni ’70 in poi.

I dati sono questi: Il tracollo del Sud nasce dopo l’unità d’Italia ed aumenta in maniera esponenziale fino ai giorni nostri, facendo fuggire i ragazzi da questa loro terra. Prendiamone atto una volta per tutte e cominciamo a raccontare ai nostri figli la verità. Dopo avergli fatto studiare tante sciocchezze, gli è proprio dovuta. Ah, a proposito, Francesco II, salutando Napoli, lasciò intatte le casse dello stato. Non portò via neanche un centesimo. Terminò la sua vita ad Arco di Trento, vivendo modestamente…Hanno fatto proprio lo stesso quanti, tra ministri e deputati, si sono succeduti in 150 anni di Italia unita fino ai giorni nostri?

domenica 6 dicembre 2009

L'albero che aspetta i ragazzi del Sud


di Lino Patruno

Come sono bravi a suonarsela e a cantarsela per conto loro. Il signor Pier Luigi Celli, direttore generale dell’Università Luiss, scrive una lettera-articolo a Repubblica in cui invita il figlio laureando a lasciare l’Italia che non è un Paese da giovani. Guardati attorno, gli dice. E potrai capire che l’idea che lo studio sia la sola strada per ottenere il lavoro che vorrai è purtroppo sbagliata. Perché ha sempre meno peso in una società «divisa, rissosa, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e onestà». Una società di «carriere feroci fatte su meriti inesistenti, a meno che non sia un merito l’affiliazione politica, di clan, familistica». E in cui, «se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque, un centesimo di una velina o di un tronista, forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai». Difficile che un padre qualsiasi non condivida, sia pure con la morte nel cuore. O che, pur non condividendo l’invito ad andar via, non la pensi allo stesso modo. In ogni caso, una dolente realtà se non si imbocca per principio la scorciatoia in questo mondo di ladri, ladri anche di giustizia verso il talento. E se il portaborse funziona, chissenefrega, non sarò io a dover cambiare il mondo. Anzi il tronista o la velina, si diventa anche famosi. E perché no, l’imbroglione, figurati se mi faccio scrupoli con tanti farabutti a piede libero. Insomma, qualcosa che ci riguarda tutti, non solo chi ha figli. Perché un Paese in cui si parla più di trans e di Balotelli che di valore e di rispetto reciproco non piace a nessuno. Una deriva penosa e quotidiana.
Immediata conferma. A Celli replica l’on. Daniela Santanché, leader del Movimento per l’Italia. Titolo del Giornale: «Se il manager di regime sputtana il suo Paese». Quel ragazzo dovrebbe fuggire da un padre simile, altro che. Un padre dall’«incredibile faccia tosta», anzi «un miracolato che ha scalato mille incarichi senza un vero perché». E giù l’elenco, invero nutrito, di direzioni, presidenze, consigli di amministrazione, onori e prebende di un percorso professionale e politico all’ombra della sinistra, una «carriera specchio fedele del Paese che aborrisce». Polemica di schieramento che può pure starci, con ragioni o torti di Celli o della Santanché. Ma polemica esattamente «specchio di un Paese» dalla penosa e quotidiana deriva.
Se non gli abbiamo fatto perdere un minimo di capacità critica, se non gli abbiamo tolto ogni fiducia e se non sono ormai imbalsamati dovrebbe essere amara materia per i nostri ragazzi. E di ribellione per lo spettacolo di guitti e di saltimbanchi che gli allestiamo. Potrà farlo chi non ha scelto il miraggio delle veline e dei tronisti. Ancor più ribellione dei ragazzi del Sud, molto meno fortunati mentre lassù se la cantano e se la suonano per conto loro, un dibattito da privilegiati.
È una generazione di ragazzi del Sud col trolley alla mano dopo la valigia di cartone dei nonni. E con una sentenza storica di «briganti o emigranti» che forse non conoscono ma che pesa quasi inalterata come un destino. Ragazzi che partono con quella normalità che non prevede più un rancore né un’alternativa, dopo la laurea è così e basta. O che comunque è nelle probabilità se non si vuole consumarsi a inviare curriculum, se un ingegnere non vuole finire al call center o una biologa alla cassa dell’ipermercato.
Difficile fermarli. Una necessità di sopravvivenza che passa sul risentimento per le proprie qualità non riconosciute. Ma benedetti siano se si ribellano anche da sudisti, ciò che i loro padri ancora non fanno. Padri di qui che certamente, nonostante tutto, gli direbbero più di restare che di andarsene. E non solo per il richiamo del filo d’erba o delle radici. Restare per disseminare della bellezza delle loro energie una terra madre intrisa di sacrificio e di fatica. E della quale andare sempre orgogliosi nelle vie del mondo. Perché se qui da 150 anni lo Stato manca al suo dovere, qui ci hanno pensato le schiene curve e le mani nodose a trasformare il Sud nella modernità, a farne comunque un posto fra i più sviluppati del globo, nonostante l’aumento del divario con un Nord da 150 anni beneficiato invece da uno Stato premuroso.
Anche se continuano a salire sui treni, la speranza è che i nostri ragazzi non lo facciano da vinti. Che vadano per tornare. E che non cedano alle funeste sirene del «non c’è più nulla da fare». Non hanno ceduto i contadini che hanno trasformato in un giardino una terra di pietre. E non cedono quelli che, come si dice da noi, hanno continuato sempre a portare «la pietra al parete», a dare il loro apporto. Non cedono neanche i vecchi che continuano a piantare alberi pur sapendo che non riusciranno a vederli cresciuti ma che li vedranno i loro figli. Per questo se ne attende il ritorno, perché ricomincino da qui, da questi alberi.

Fonte:La Gazzetta del Mezzogiorno

mercoledì 2 dicembre 2009

That's amore- scritta da Harry Warren

www.youtube.com/watch?v=aS6-b7CONDI
value="http://www.youtube.com/v/aS6-b7CONDI&hl=it_IT&fs=1&">

martedì 1 dicembre 2009

Il Cassanese Salvatore Guaragna

Harry Warren fu per 35 anni , dal 1923 fino al 1959, uno dei massimi compositori di Hollywood. Contemporaneamente alle composizioni per il cinema dove eccelleva, Warren scrisse brillanti, melodie assieme ai parolieri Edgar Leslie, Bud Green, Billy Rose, Mort Dixon, Sam Lewis, Joe Young, Al Dubin (Warren e Dubin guadagnarono una grande fama con musicals come 42nd Street and Dames), Mack Gordon (Le canzoni di Warren e Gordon piacquero a Glenn Miller and Dick Haymes), Leo Robin, Jack Brooks,e Harold Adamson.
http://www.youtube.com/watch?v=dggSDdMF3PE

Frank Costello dalla A alla Z documento essenziale

http://www.youtube.com/watch?v=xpGmn1Co4wI

Frank Costello e la fidanzata di Bugsy Seigel Virginia Hill alle udienze Kefauver ...

http://www.youtube.com/watch?v=UvcQ7qrUB8s
http://www.youtube.com/watch?v=JH88H7lxJHM

Certificato di Nascita e Battesimo di Frank Costello




Ricevo da Carlo Forace ringrazio e pubblico.
Per ingrandire cliccare sulle foto!

lunedì 30 novembre 2009

Il Professore


Frank Costello nel 1924 poteva guardarsi attorno con un senso di trionfo. Il suo mentore Arnold Rothstein,gli aveva insegnato come fare soldi con gli affari invece che con le armi da fuoco; aveva imparato la lezione del maestro, vi aveva aggiunto il suo innato fiuto nel trattare la gente e si era costruito un grande impero che stava facendo di lui un multimilionario.
Suo padre era morto di polmonite nel 1922; sua madre viveva in una comoda casa di 7 stanze con un bel giardino che Frank le aveva comperato ad Astoria,la miseria della East 108th Street era ormai molto lontana.
La sua giornata era allora tutta un incalzarsi febbrile di lavoro da fare e decisioni da prendere.Far passare il liquore illegale per tutti gli stadi intermedi dello smercio era un’operazione complessa,con o senza i ladri e rapinatori. Raccontava che non lavorò mai tanto nella sua vita come durante quegli anni.
Ma trovava sempre il tempo di far visita a sua madre ad Astoria.Un giorno,nel 1924,lo chiamò al telefono:” Frankie,vorrei che tu venissi a trovarmi oggi”
“Proprio oggi ? Ho cento cose da fare oggi. Forse domani,mamma “
“Oggi,Frankie. Ho qui un ragazzo di Lauropoli che ha bisogno di aiuto.Sua madre è la mia migliore amica ,là al paese”
La madre di Frank raramente lo disturbava in ufficio,così lui pensò che si trattasse di qualcosa di insolito,chiamò subito un tassì e si fece portare alla casa di Astoria.Quando arrivò, sua madre era in cucina con un giovanotto tarchiato che stava divorando una zuppa di lenticchie con grossi pezzi di pane.” Questo e Frank Rizzo “ disse la signora Costello.”E questo è mio figlio “
Costello borbottò qualcosa ,ma era sconcertato. Il giovanotto che mangiava nella cucina della mamma,portava una redingote,una camicia rigida con colletto e polsi inamidati,una cravatta nera a farfalla e ghette bianche su scarpe alte abbottonate.
“ Che cosa posso fare per voi?” chiese Frank , ma pensava che non poteva nemmeno farsi vedere in pubblico con quell’idiota! “ Sua madre mi scrive una lettera. Trovo questo povero magro agnellino morto di fame…..”
“ Magro agnellino !?” fece Frank .”Ma se è forte come un toro “ “ E’ affamato .E’ appena arrivato in questo paese e ho promesso a sua madre che mio figlio Frankie lo avrebbe aiutato a trovarsi un lavoro”
“ Che tipo di lavoro cerchi “
“Contabile …”
“ Contabile ? “ esclamò Frank. “ Ma vanno un soldo la dozzina”
Maria Luisa Costello agitò un dito sotto il naso di suo figlio.
“Adesso ascoltami. Questo ragazzo era maestro di scuola. E’ un genio.Farà il contabile per tè.”
Frank portò con sè Rizzo a Manhattan, poi lo fece condurre da uno dei suoi uomini a un magazzino di liquori sulla riva sud di Long Island.. Jim O’Connell, il gigantesco capitano assoldato da Frank, era appena arrivato su un cargo con migliaia di casse di scotch , e stava sorvegliando gli uomini che le sistemavano nel magazzino.
Quando vide Rizzo,divenne quasi purpureo.” Non puoi lavorare qui vestito a quel modo. Sei un clown o un deficiente?? “
Rizzo disse: “Mi comprerò i vestiti nuovi quando farò i soldi”
“Gesù” fece il capitano.” Ci stai pigliando in giro ,in quella tenuta”
Porse a Rizzo alcuni fogli ,sui quali era indicato il numero delle casse trasportate da ogni uomo. Il lavoro di Rizzo consisteva semplicemente nel tenere un conto accurato delle casse via via che arrivavano e venivano sistemate.
Era un lavoro troppo facile : era avvilente ,per un uomo istruito ,starsene seduto a fare un segno su un foglio ogni 15 minuti. Infine Frank Rizzo non riuscì più a sopportarlo. Si tolse giacca e camicia ,a petto nudo cominciò ad aiutare gli uomini a trasportare le casse di whisky.
O’Connell non disse nulla,ma alle cinque arrivò Frank Costello e andò in collera.” Che diavolo stai facendo?” chiese a Rizzo.” Il tuo lavoro è stare in magazzino e registrare gli arrivi. Torna subito là” “ Ma non c’era abbastanza da fare “
“ Cribbio ti darò io qualcosa da fare. Va a sederti a quel tavolo e scrivi il tuo nome diecimila volte. Questo ti terrà occupato, e intanto metterò qualcuno che abbia cervello a portare avanti il tuo pidocchioso lavoro di contabile.”
Frank Rizzo tornò a quel tavolo e passò il resto della settimana a scrivere il suo nome. Non finì prima di sabato e quando ebbe terminato portò a Costello un grosso mucchio di fogli con le sue diecimila firme. Costello rimase a bocca aperta e sbottò:” Che diavolo è ?”
“Il mio nome scritto diecimila volte. Mi ha detto lei di scriverlo”
Frank lo guardò e scoppiò a ridere .” Non hai mica pensato che dicessi sul serio?!L’ho detto così per dire.” Sfogliava col pollice le carte .” Ma è una meraviglia” disse.” Diecimila volte gli dico e lui lo fa.”. Guardò in faccia Rizzo e continuò:” Professore ,tu mi piaci . Devo ammettere che hai un bel fegato ,e sai fare le cose fino in fondo”.Tirò fuori il libretto e firmò un assegno.” Eccoti la tua paga di una settimana.”
Il Professore era così sollevato e felice che si mise l’assegno in tasca senza neppure guardarlo. La prima persona da cui si recò con la buona notizia fu la madre di Frank .La brava donna guardò l’assegno e disse:” Hum…solo 500 dollari. Un genio come te merita molto di più “
Ma il Professore a sentire la cifra ebbe quasi un attacco di cuore.
Non si era neppure curato di guardare l’assegno .500 dollari !! Per una sola settimana ! E tutto quello che aveva fatto era stato scrivere il suo nome.
La madre di Frank lo condusse alla banca, cambiò l’assegno e gli consigliò che cosa doveva fare di quella ricchezza appena guadagnata.” Devi sempre tenere un po’ di denaro in tasca “ disse, mettendogli nel portafogli 100 dollari in biglietti di piccolo taglio.” E adesso vai da quel grosso Italiano là dietro quel tavolo “ continuò additandogli un funzionario della banca “ e digli che vuoi mandare 200 dollari in lire alla tua povera famiglia e depositarne altri 200 a tuo nome. Digli che se non ti dà abbastanza lire,gli romperò la testa con il bastone. Ma non dirgli dove hai preso i denari. Non sono affari suoi”
Il Professore fece ciò che gli era stato detto e quando tornò la signora Costello aveva qualche altro materno consiglio da dargli,
“ Ora va a un negozio e comprati qualche vestito per uscire. Mio figlio e quasi svenuto quando ti ha visto con questi abiti da scimmia”
Nonostante i vestiti nuovi di Rizzo ,Costello non si dimenticò mai la prima visione dell’uomo in redingote nella cucina di sua madre.
Chiamò Rizzo il “Professore” e il soprannome gli rimase dai giorni del contrabbando in poi. E il Professore divenne uno dei più intimi amici di Frank.

giovedì 26 novembre 2009

Frank Rizzo " Il Professore"

Un amico di Costello, Frank Rizzo,che rimase legato a lui da stretta amicizia per tutta la vita e ch’egli chiamava “ il Professore” ha vissuto gli ultimi anni della sua vita a Lauropoli,il paese natale di entrambi. Un grazioso e lindo villaggio splendente nel sole di Calabria. Ma la Calabria è una regione dal clima caldo e secco,che trasforma ogni più piccolo lembo fertile di terra in un’arida pietraia bruciata .Per secoli i contadini hanno lottato vanamente per strappare un tozzo di pane ai dirupi sassosi che circondano il villaggio. Il Professore scrisse molte lettere all’avvocato di Costello (George Wolf ) che gettavano una luce particolare sul paese e gli antenati di Frank.
Lauropoli vanta una storia singolare ,che il Professore così racconta :
La piccola frazione del Comune di Cassano Ionio,sorge su un’alta collina di fronte al Mar Ionio,dove una volta si elevava l’Acropoli di Sibari.
Sibari fondata dai Greci era la città più ricca della Magna Grecia.
Le rovine dell’Acropoli di Sibari, furono usate come < campi da pascolo per armenti e greggi >dal Medioevo fino al 1776 .
La Marchesa Laura Serra, proprietaria di duemila acri di terreno nella regione diede ordine di costruire sulle rovine dell’Acropoli,quaranta piccole casette a una sola stanza. E a questa piccola città, costruita a forma di croce,diede il suo nome Laura-poli che in greco significa città di Laura. Costruita la città aveva bisogno di gente che ci vivesse, e col consenso del Re di Napoli, emanò un editto:
“ Chiunque abbia dei guai con la Giustizia, o e ricercato dalla Legge,è libero di venire ad abitare nella nuova città di Lauropoli dove lui e la sua famiglia avranno una bella casa,lavoro e piena protezione”
In poche settimane numerosi uomini e donne vennero a Lauropoli da ogni parte del Regno di Napoli; erano per la maggior parte piccoli criminali che avevano bisogno di asilo e protezione.
Il fatto che Frank Costello, il futuro capo del crimine organizzato negli Stati Uniti,sia nato in un villaggio fondato da fuorilegge,è una ben strana coincidenza.
Il padre di Frank ,Luigi Castiglia,fu chiamato sotto le armi nel 1865 e combatté con la legione di Garibaldi per il nuovo Regno d’Italia. Si distinse nella battaglia del Tirolo, ottenne una medaglia al valore e una pensione vitalizia di dieci lire al mese. Nel 1870 sposò Maria Saveria Aloise.
La madre di Costello come la descrive il “Professore” :” era una donna assai sensibile e molto intelligente,benché analfabeta. Era robusta e tarchiata con una selva di capelli neri pieni di forcine,una donna mascolina con un naso adunco e il colorito scuro come suo figlio Frank.
Ebbero sei figli, quattro femmine e due maschi; Eddie il maggiore e Frank. Luigi Castiglia dopo il servizio militare, era tornato a fare il contadino,ma non riusciva a mantenere la famiglia. Era una zona poverissima e gli abitanti vivevano in grande miseria. Ma si diceva che al di là dell’Atlantico si trovava una grande terra fertile e verde, che accoglieva volentieri gli immigrati. Fu così che nel 1895 Luigi Castiglia si imbarcò per l’America, portando con sé le figlie e il figlio maggiore. Le lettere che scriveva, delusero la moglie: era da sei mesi negli Stati Uniti e non aveva ancora trovato lavoro. Finalmente Luigi scrisse che non aveva abbastanza denaro per ritornare a casa, così Maria sarebbe dovuta andare lei con piccolo Frank nella nuova terra: “Vendi tutto”. Scriveva. “Anche i lenzuoli, se occorre, anche se devi prendere in prestito qualche lira, vieni in America”. Luigi, un uomo che non riusciva neppure a trovare un lavoro, continuava tuttavia a pensare che l’America fosse il paese delle grandi possibilità. La lettera arrivò in un giorno speciale per suo figlio. Frank, che aveva cinque anni, era andato alla grande tenuta, verdeggiante di boschi, del barone Francesco Compagna per rubare fragole selvatiche e fiori. Il nonno di Frank era il capo dei guardiacaccia nella tenuta. Improvvisamente apparve un gruppo di cacciatori e uno di loro, il più piccolo di statura, chiese che cosa faceva quel ragazzino nel bosco. Frank gli rispose prontamente che era il nipote del guardiacaccia e stava aiutando a guardare le terre del barone. Il piccolo uomo, che era il re d’Italia, sorrise con aria d’intesa e si rivolse al guardiacaccia, che era lì accanto inquieto e nervoso. “Ecco cinque lire”. Disse il re. “Comprate al ragazzino un costume alla marinara. Il vostro nipotino ha dello spirito”. Pochi giorni dopo, nell’agosto del 1896, Frank tenuto per mano dalla madre, si pavoneggiava in un abitino alla marinara nuovo di zecca. Partivano per l’America. Si profilava già in lui quell’istinto che lo avrebbe portato ad incontrarsi, e ad accordarsi, con le persone “della miglior società”.

venerdì 20 novembre 2009

Frank Costello-Primo Ministro della Malavita-Film

http://www.youtube.com/watch?v=KJlg0V1azzA
http://www.youtube.com/watch?v=n-mmgX1sIC4
http://www.youtube.com/watch?v=es-DoTrlp8k
http://www.youtube.com/watch?v=CkDruu24E5E
http://www.youtube.com/watch?v=2okTzPuLH8A
http://www.youtube.com/watch?v=3ltJ5av0ltE
http://www.youtube.com/watch?v=Cs9F_H843pU

giovedì 19 novembre 2009

Voglio iniziare dalla biografia scritta dal suo avvocato George Wolf nel 1974.


L’AUTORE AL LETTORE


Nel 1943 Frank Costello si trovò alla testa del mondo del crimine indiscusso “capo di capo re”boss di tutti i boss della Mafia. Frank Costello era sulla cresta dell’onda. Ma lo era poi davvero?
Aveva fatto una lunga strada dalla casa della sua infanzia in una sudicia e squallida strada di Harlem. Nel 1932 aveva quarantuno anni, sedeva in un elegante appartamento del Drake Hotel di Chicago con uno dei leader del Partito Democratico di New York ,Jimmy Hines , e lavorava per la nomina di Franklin Roosevelt a candidato presidenziale.Nel 1943 era letteralmente il padrone di New York e faceva nominare giudici e procuratori distrettuali e persino sindaci delle città. Le sue macchine mangiasoldi nella Louisiana e le sue case da gioco in diversi Stati, facevano affluire milioni e milioni nelle sue tasche. La tangente che gli toccava sui proventi dei racket della mala,tipo lotterie clandestine e sale-corse,aumentava la sua ricchezza e il suo potere.
Tuttavia c’erano guai in vista. Anzitutto da parte della Legge.Ci fu uno scandalo nazionale quando una microspia inserita dal procuratore distrettuale di New York, Frank Hogan ,sul telefono di Frank
rivelò una conversazione fra lui e un giudice di corte suprema di New York ,recentemente entrato in carica, Thomas A.Aurelio, il quale ringraziava Frank per la sua nomina e giurava riconoscenza al leader del mondo criminale.
D’altra parte la Mafia premeva e si agitava di continuo alle sue spalle: Costello desiderava pace e non violenza, gli altri capi volevano entrare in nuove imprese, lui li ammoniva a tenersi lontano dalla droga,quelli volevano spacciarla a tutti i costi.Cominciarono gli attriti che ben presto esplosero quando un bel giovane snello ,di nome Bugsy Siegel ,leader della Mafia della costa occidentale,si fermò al bordo di una strada del Nevada e decise che quel quell’angolo sarebbe divenuto la capitale del mondo del gioco,Las Vegas.
Questo avvenne nel 1946 tre anni dopo che io ero assunto da Frank: per trent’anni sono stato suo avvocato personale e suo amico e in nome di questa amicizia voglio che il mio libro sia qualcosa di più di uno studio su un della Mafia poiché è il risultato di questo mio rapporto singolarissimo ed eccezionale con lui. Un tale studio,io spero,presenterà un interesse particolare, perché il codice del silenzio ha impedito finora che venissero alla luce fatti ed episodi delle vite di tutti i grandi capi della Mafia, prima e dopo Costello.
Ma Costello era diverso: naturalmente non era una colomba : io stesso ,in molte occasioni ,lo trovai terribile, ma era , era un uomo civile,disdegnava la violenza e il sangue di cui si erano macchiati i grandi capi della Mafia prima di lui.
Il mio libro non vuole essere una apologia,non temo che i giovani ,leggendo queste pagine,si mettano in testa di emulare Frank : troppe cose rivelano queste pagine sul terrore costante e sulla consapevolezza che tradimento e morte stanno in agguato in fondo agli occhi di ogni.
Sono convinto che la vita di Frank Costello,sia una storia affascinante: è la vicenda di un uomo che avrebbe potuto prendere una strada diversa se fosse nato in circostanze più felici. Era un uomo intelligente,ed era un uomo giusto,ancora oggi i suoi antichi compagni della mala,parlano di lui con rispetto,come di un uomo di carattere,un uomo che dava a ciascuno la sua parte,dal più umile collettore di lotterie di Harlem ai grandi i baffuti capoccia delle potenti famiglie mafiose.
Come accadde che Frank Costello, il quale amava più di ogni altra cosa pranzare tranquillamente ogni giorno all’elegante Grill del Waldorf-Astoria, entrà a far parte del mondo del crimine? E,cosa ancor più strana ,come ne diventò il capo?
Nei trent’anni trascorsi al fianco di Frank Costello, non ho mai potuto immaginarlo con un’arma da fuoco in mano,e tanto meno nell’atto di uccidere qualcuno. Eppure,quando un giornalista mi chiese qualche particolare sulla sua personalità,Frank stesso mi ammonì: < Non andare a dire che vendo Bibbie >.Il mondo che governava era pieno di sangue,
La parola,come viene usata in questo libro,si riferisce al gruppo internazionale di della mala, strettamente collegate fra loro ,di origine italiana. Questo per distinguerla da ciò che si suol chiamare , che consiste nel rapporto informale fra la Mafia e le famiglie ebree della malavita. Queste < famiglie >,italiane ed ebree, come capii dai discorsi di Frank, coesistono a livello di parità.I due gruppi,hanno sempre lavorato in sorprendente armonia: gli italiani rispettano gli ebrei per il loro talento finanziario,gli ebrei preferiscono restarsene tranquilli dietro le quinte e lasciare che gli italiani usino i muscoli quando è necessario.
A questo punto devo anche dire che non ho mai sentito dalla bocca di Frank ,ne da alcuno dei miei clienti della mala,le parole Mafia o Cosa Nostra. La parola chiave che sempre indicava la Mafia non era un nome ,ma un verbo , (è dentro) .Parlandomi di una persona che non conoscevo ,Frank per esempio mi diceva brevemente : < He’s Connected >. E io capivo !
Per far meglio comprendere come sia organizzata la Mafia,qualche volta la si e presentata come una grossa società commerciale ,ma non è una immagine molto calzante. Direi che per darne un’idea più viva e concreta si deve paragonarla ad una specie di ONU, in cui il regna su una di capi regionali (family bosses) che operano di comune accordo,trattano fra loro e osservano determinate norme nell’interesse di tutti.La “ commissione” si riunì per la prima volta nel 1929 ad Atlantic City,dove in realtà fu istituita.
Queste riunioni si convocavano soltanto quando c’era un problema urgente,di livello nazionale, altrimenti erano in vigore delle norme fisse : per esempio Miami la Florida e Las Vegas erano territori dove tutte le bande potevano operare e dove “ non doveva verificarsi alcun atto di violenza” .Altre norme erano semplici ed evidenti: nessuna gang di New York nei racket di Chicago,nessuna gang di Chicago in quelli di Cleveland, insomma ciò che si potrebbe chiamare una vera ripartizione di competenze territoriali.Le proprietà nazionali ,come il < racing wire > ( il servizio di informazioni telegrafiche sulle corse ippiche) erano divise equamente.Ma anche se i capi delle operavano su base di parità, per tradizione quello di Manhattan era il “ primis inter pares” perché Manhattan era, ed è, il centro della mala,la capitale del crimine.



Attraverso questo Blog intendo riabilitare la figura di Francesco Castiglia nato a Lauropoli frazione di Cassano Ionio il 26 gennaio 1891 figlio di Luigi e Maria Saveria Aloise Castiglia e morto a New York il 18 Febbraio 1973 conosciuto in tutto il mondo come Frank Costello-Primo Ministro della malavita- Un personaggio che mi ha sempre affascinato non come imprenditore della malavita ma come uomo intelligente e scaltro che e riuscito da povero figlio di emigranti Calabresi a diventare il Re incontrastato di New York. Chissà quante volte nella sua lunga vita,ha ricordato con nostalgia i primissimi anni della sua infanzia trascorsi sotto il sole di Calabria,una terra che gli apparteneva e sicuramente non ha mai dimenticato a conferma di quanto dicono i Gesuiti “dacci tuo figlio i primi cinque anni di vita e sarà sempre nostro”. Perchè riabilitarlo? Perché i suoi eventuali crimini sono stati niente a confronto di quelli che si compiono oggi e per i quali si prova indifferenza.,la malavita ai tempi del proibizionismo,appare oggi come una associazione di boy scouts !
Come riabilitarlo ? Attraverso documenti e testimonianze di tutti quelli che intendono contribuire nel bene e nel male a ricordare un uomo che molto probabilmente e lo vedremo in seguito, non e stato un feroce criminale ma un uomo come tanti fatto di pregi e difetti.
Remigio Raimondi

Riabilitiamo Frank Costello



Il crimine più efferato viene consumato quotidianamente ai danni non solo della società ma dell’umanità dal potere politico-amministrativo-finanziario, la malavita organizzata ne è la – longa manus-
Remigio Raimondi

martedì 21 aprile 2009

venerdì 17 aprile 2009

Who is Harry Warren ??

Harry Warren
Born Salvatore Guaragna, 24 December, 1893, Brooklyn New York. Died Los Angeles 22 September 1981, Harry Warren was recently inducted into the Smithsonian Museum of American History

Who is Harry Warren????
by Robert Walls
In 1932, good ol' Warner Brothers was in financial straights. They bet the farm with a Movie musical 42nd Street. It was a smash success and launched the career of Director Busby Berkeley, and brought fame to Dick Powell and Ruby Keeler.

The budget for "42nd Street was set at four hundred thousand dollars, a large one for that time, particularly in view of Warners' lagging financial condition. It is doubtful whether the film would have materialized without the enthusiastic drive of Darryl F. Zanuck. His gamble paid off handsomely, and such was the zest and zip of the movie that it opened the door to a new concept in making movie musicals. Much of this was due to the appealingly bizarre and visually fascinating choreography of Busby Berkeley, but it was also due to Lloyd Bacon's taut, upbeat direction and the music of Harry Warren and lyricist Al Dubin.

The success of 42nd Street spawned many other musicals by Warner Brothers, ALL featuring the music of Harry Warren:

The Warner Brothers Movies -GOLD DIGGERS OF 1933- FOOTLIGHT PARADE -TWENTY MILLION-SWEETHEARTS -WONDER BAR -DAMES -SWEET MUSIC -GO INTO YOUR DANCE -BROADWAY GONDOLIER
STARS OVER BROADWAY -SHIPMATES FOREVER -LIVING ON VELVET -IN CALIENTE -PAGE MISS GLORY -CAIN AND MABEL -HEARTS DIVIDED -COLLEEN -GOLD DIGGERS OF 1937 -SING ME A LOVE SONG -MELODY FOR TWO -STOLEN HOLIDAY -MR. DODD TAKES THE AIR -THE SINGING MARINE -SAN QUENTIN -SONS O' GUNS -GOLD DIGGERS IN PARIS -GARDEN OF THE MOON -GOING PLACES
HARD TO GET -JEZEBEL -COWBOY FROM BROOKLYN -WINGS OF THE NAVY -MY DREAM IS YOURS

Many more hits than the Gershwins or Irving Berlin or Rodgers and Hammerstein or Sammy Cahn (or Elvis, the Beatles and Madonna)!

In the years of the greatly popular radio program Your Hit Parade, between 1935 and 1950, forty-two songs by Harry Warren were placed in the coveted top ten, with 21 of them being #1 Hits. At one point he had four of the top ten songs! The song writer next best represented was Irving Berlin with thirty-three songs.

He was nominated for 11 Oscars for best song and won three times.

Although he had success on Broadway (i.e. 42nd Street), his primary claim to fame is his importance in the history of the motion-picture musical. No other composer can match his record for the 25 year period between 1932 and 1957, when he was employed by all four major studios when they were specialising in musicals.

During this time with Warner Brothers, Twentieth Century-Fox, MGM, and Paramount, some 450 of his songs were published and performed, with some 76 of them becoming standards.

His Songs have appeared in over 300 films and no fewer than 112 of Warner Brothers "Looney Tunes" cartoons.

Here is a partial list of the movies for which he wrote the music for other studios:

At MGM
Roman Scandals (Eddie Cantor, Ruth Etting, Ray Heindorf's Orchestra)
Ziegfeld Follies
Honolulu (Robert Young, Eleanor Powell, George Burns, Gracie Allen)
Yolanda And The Thief (Fred Astaire and Lucille Bremmer)
The Harvey Girls (Judy Garland, Kenny Baker, Cyd Charisse, Angela Lansbury)
Summer Holiday (Mickey Rooney, Gloria De Haven, Walter Huston, Agnes Moorhead, Marilyn Maxwell)
Barkleys of Broadway (Fred Astaire, Ginger Rogers)
Summer Stock (Judy Garland, Gene Kelly)
Pagan Love Song (Esther Williams, Howard Keel)
Belle of New York (Fred Astaire, Vera Ellen)
At Fox
Young People (Shirley Temple)
Down Argentine Way (Bette Grable, Carmen Miranda)
Sun Valley Serenade (Glenn Miller and his Orch., Sonja Henie, John Payne, Lynn Bari)
Weekend in Havana (Alice Faye, Carmen Miranda, John Payne, Cesar Romero)
That Night In Rio (Alice Faye, Carmen Miranda, Don Ameche)
Iceland (Sonja Henie, John Payne, Jack Oakie, Joan Merrill)
Springtime In The Rockies (Betty Grable, Carmen Miranda, John Payne, Cesar Romero, Harry James and his orch)
Orchestra Wives ( Glenn Miller, George Montgomery, Jackie Gleason, Ann Rutherford, Lynn Bari, and Cesar Romero)
At Paramount
Just For You (Bing Crosby, Jane Wyman)
The Caddy (Jerry Lewis, Dean Martin)
Artists And Models (Jerry Lewis, Dean Martin, Eva Gabor, Anita Ekberg, Shirley MacLaine, Dorothy Malone)
An Affair To Remember (Cary Grant, Deborah Kerr)
Cinderfella (Jerry Lewis, Ed Wynn, Anna Maria Alberghetti, Count Basie)

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Who performed his songs?
Here are just a few of the artists from over the years:

Glenn Miller ,Ray Charles ,Cab Calloway ,Carmen Miranda ,The Andrews Sisters ,Bing Crosby ,Nat King Cole ,Dick Haymes ,Benny Goodman ,Dizzy Gillespie ,Mel Tormé ,Frank Sinatra ,Dick Powell ,Etta James ,Ginger Rogers ,Fred Astaire ,Dean Martin ,Cyd Charisse ,Howard Keel ,Doris Day ,Duke Ellington ,Ella Fitzgerald ,Josephine Baker
,Judy Garland ,Ruby Keeler ,Alice Faye ,Vera Ellen ,Johnny Mercer ,Mickey Rooney ,The Nicholas Brothers ,Betty Grable ,The Skylarks ,Dorothy Dandridge ,Al Jolson ,Shirley Temple ,Louie Armstrong.



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What about the lyricists?
Gus Kahn ,Johnny Mercer ,Ira Gershwin ,Mack Gordon ,Jack Brooks ,Mort Dixon ,Ralph Blane ,Billy Rose ,Bud Green ,Edgar Leslie ,Sam Lewis
,Joe Young ,Irving Kahal ,Al Jolson ,Leo McCarey ,Harold Adamson ,Sammy Cahn ,Paddy Chayefsky ,Harold Adamson ,Leo Robin ,Arthur Freed.



--------------------------------------------------------------------------------Broadway?
Yes, he did write songs for Billy Rose while working "Tin Pan Alley" in the 1920's, but with the constant work in Hollywood from 1932 until the late 1960's, he didn't have the time. However, he did write all the music for 42nd Street, which is the FIFTH longest running musical in Broadway history.

You can read more about this prolific composer by visiting a web site devoted to him and his work.

Here is the website address: www.harrywarrenmusic.com

Harry was Hollywood's most successful composer, by far!!! Please visit his page. This man was amazing!!! All his movies are here with Synopsis, real audio and video files, star of the month pages, hundreds of his sheet music pages, and more!

Any questions? e-mail me. I am the Webmaster at Four Jays Music. Harry's publishing company which is run by his two granddaughters. webmasterbob@earthlink.net

La storia di un altro grande calabrese dimenticato


Harry WARREN (Salvatore Antonio Guaragna

Fu al tempo della prima grande ondata migratoria post-unitaria, quando, tra il 1876 e il 1915, quattordici milioni di Italiani partirono per “fare l’America” stipati su sovraccarichi (molti, anche bambini, affrontavano l’intera traversata sul ponte all’addiaccio), malandati piroscafi, che erano vere e proprie carrette del mare, dove, spesso trovavano la morte per i patimenti e le malattie (i piroscafi erano privi di sala mensa, di infermeria e, naturalmente di medici a bordo), che Antonio Guaragna, di mestiere stivalaio, partì da Cassano, con la speranza di guadagnare quel tanto per migliorare la non florida vita della sua famiglia, in seno alla quale certo sarebbe ben presto tornato. Andò e, naturalmente, non tornò, ma fu tra i più fortunati, perché ebbe la possibilità, dopo incerta fortuna, di ricongiungersi alla famiglia. Andò in Argentina, ma fu peggio che in Italia, nonostante la presenza di tanti altri Calabresi.


Pensò di trasferirsi a New York, dove, aperta un’attività commerciale a Brooklyn, cominciò a fare gli affari giusti per poter chiamare a sé la moglie Rachele e la numerosa famiglia lasciate a Cassano. E a Brooklyn, il 22 dicembre 1893, nacque Salvatore Antonio, il futuro signore del musical americano conosciuto come Harry Warren, uno dei grandi dimenticati dalla madre patria.




Harry con i suoi tre OscarTuti (com’era chiamato il piccolo Salvatore), crebbe con la passione musicale propria di tutta la famiglia, com’egli stesso ebbe a dichiarare: «la nostra poteva dirsi una famiglia musicale solo nel senso che si amava la musica e si cantava insieme, ma non c’era un pianoforte; il che mi dava pena, perché avevo desiderio di suonare».

L’Italo-americano Generoso D’Agnese così ha tratteggiato vita, opera e fortuna del grande Harry, uno dei più celebri compositori musicali del cinema e del teatro americani vincitore di tre premî Oscar: «La sua musica ha accompagnato migliaia di vite durante il XX secolo e ha fatto da sottofondo a numerose storie delle varie generazioni, ma sono davvero pochi coloro che associano il suo nome a quello di un figlio italiano d’America, onorando un altro tassello di quell’eccezionale mosaico d’umanità che ha caratterizzato la presenza peninsulare d’Oltreoceano.

I suoi motivi musicali ancora oggi vengono eseguiti e canticchiati da molti uomini, ma non è facile ricordare il suo nome: Harry Warren. E ancor più difficile è rintracciare, dietro la facciata anagrafica anglosassone, un artista dal nome inconfondibile: Salvatore Antonio Guaragna».

Il piccolo Salvatore frequentò con profitto la scuola, evidenziando un precocissimo talento per gli strumenti musicali e deliziando i suoi compagni e i suoi insegnanti con la batteria, la fisarmonica e il pianoforte. Questo, tuttavia, non bastò a far proseguire la sua strada in modo agevole: era emigrato, era italiano, voleva fare il musicista. La sorella maggiore, intuendone il potenziale artistico, lo incoraggiò sulla strada della musica, e, perché il fratello mimetizzasse la sua origine italiana al fine di vedersi aperta più facilmente la porta del successo, gli suggerì di cambiare il nome, adattandolo in quello, più familiare agli anglosassoni, di Harry Warren. Il suggerimento della sorella era dettato dalla paura che a Salvatore potesse accadere quello che ad altri Italiani era accaduto. Erano ancora presenti nella memoria i fatti verificatisi appena tre anni dopo la nascita del fratello. Il 3 agosto 1896 l’agenzia Reuter batteva la notizia che a Hahneville, New Orleans, la folla aveva tratto fuori dalla prigione cinque italiani accusati di assassinio, e li aveva linciati. La giustificazione del delitto fu che nei mesi precedenti in città erano state assassinate undici persone senza che si scoprissero i colpevoli. Ma si scoprì sùbito che i cittadini assassinati non erano americani, ma emigrati italiani, tutti provenienti dalle regioni meridionali. Il 22 agosto dello stesso anno cominciava in Brasile la caccia agli Italiani. Il 21 luglio 1899 in Luisiana, a Tallulah, nella contea di Madison, cinque operai italiani, che erano venuti a diverbio con un cittadino americano, furono linciati dalla folla e lasciati morti sulla strada. Furono episodi codesti, e tanti altri di violenza e di umiliazioni inenarrabili, che gli emigrati italiani misero in conto per le loro scelte future, comprese quelle, certo sbagliate, della via del gangsterismo. Salvatore-Harry, tuttavia, non si preoccupò molto della sua doppia identità anagrafica, e al nuovo nome prepose spesso sulle copertine degli spartiti musicali quello suo vero di Italiano rimasto legato alla patria lontana del padre e sua.

Imparò a studiare la musica, frequentando il coro nella chiesa del suo quartiere italiano, e a sedici anni decise di terminare il suo impegno scolastico per aggregarsi a un circo con l’incarico di tamburino. Nel 1915 si avvicinò al cinema, ottenendo un ingaggio dalla Vitagraph Movie Studio di New York. Suonò per la diva del cinema muto Corinna Griffith, ritagliandosi fin dal primo momento un suo proprio spazio nell’àmbito della musica melodica, e cominciando a far intravedere quella sensibilità, che lo avrebbe fatto, in sèguito, affermare come uno dei grandi innovatori della musica popolare americana alla stregua dei grandi J. Kern, G. Gershwin, C. Porter, Rodgers, anche se la musica di Gershwin e di Porter era fortemente influenzata dal jazz, e quella di Warren meno dalla musi­ca afroamericana e più da quella di matrice italiana. Basti pensare, per il loro tipico melodizzare italiano, solo per fare qualche esempio, a Bythe Rivers Sainte Marie del 1931, inciso da Tommy Dorsey e Jimmy Luncerford, poi lanciato da Nat King Cole, e a That’s Amore inciso e portato al successo nel 1955 da Dean Martin, altro grande cantante italo-americano con Frank Sinatra, Perry Como, Frankie Lane, Frankie Avalon, Jimmy Durante Tony Bennett, Madonna, Anna Moffo, Mario Lanza, Connie Francis Lou Monte, Louis Prima, Liza Minnelli tanto per citarne qualcuno, e adottato quasi come un inno dalla comunità italo-americana. In quegli anni, in cui si affermava il primo cinema, Warren interpretò anche alcuni film, come comparsa, mentre in altri svolse il ruolo di aiuto regista.

Nel dicembre 1917, mentre era ancora in servizio nella Marina Militare a Montark Point, New York, sposò Josephine V. Wensler, da cui, a metà del 1919, ebbe il figlio Harry Jr., poi deceduto il 1940 a soli diciannove anni. Nel 1922 arrivò il suo primo vero successo di giovane autore: il suo pezzo “Rosa del Rio Grande”, eseguita da Edgar Lesile, divenne, infatti, una vera e propria Hit, e lanciò Warren tra i protagonisti della musica dell’epoca. I suoi brani incontrarono sùbito il favore del grande pubblico, e due sue composizioni guadagnarono il primo posto nella hit parade nel 1923: Home in Pasadena e So This is Venice divennero pezzi culto dell’epoca. Il successo si confermò tre anni dopo con dieci brani pubblicati nel solo 1925, di cui ben cinque scalarono la vetta della classifica. L’anno successivo altre due canzoni scalarono l’hit parade americana e il 1928 il brano Nagasaki gli assicurò un vero e proprio trionfo mondiale. Dal 1929 al 1932 tenne l’incarico di amministratore della Società Americana dei Compositori, Autori e Pubblicitari (ASCAP).

Sempre in vetta alle classifiche di tutti gli States, il 1931 Warren prese a lavorare intensamente per il cinema (Spring is Here) e i musical di Broadway (Sweet and Love e altri due show interpretati da Fannie Brice ed Ed Wynn, e The Wonder Bar di Al Johnson).

Tra il 1932, anno in cui scrisse, vincendo l’Academy Award, la colonna sonora del film 42nd street, da cui derivò un musical di successo, e il 1939 egli scrisse 149 musiche per film, tra cui September in the Rain con Gene Kelly, interpretate, poi, dai più grandi cantanti non solo dell’epoca, e comparve anche, interpretando se stesso, nel film citato e in Go into your Dance. Il 1935 si assicura il primo Oscar con Lullaby of Brodway del film Gold Diggers of 1935 con Dick Powell.

Il 1940, dopo la morte, come abbiamo visto, dell’unico figlio, alla Twentieth Century Fox Studios cominciò a collaborare con Glen Miller, Shirley Temple, Carmen Miranda, Harry James, scrivendo, in tre anni settanta brani musicali di grande successo e interpretati, come sempre, dagli artisti più famosi. Per Miller scrisse Chattanooga choo choo, divenuta sùbito celebre in tutto il mondo e premiata con il primo disco d’oro della musica leggera per aver venduto più di un milione di copie. Sùbito dopo, nel 1943, con You Never Know (il film è Hello, Frisco, Hello), si aggiudicò un altro disco d’oro e il secondo premio Oscar.

Scrisse, negli anni successivi, ancora musica per film, vincendo il terzo Oscar con la canzone On The Atchion, Topek And The Santa Fe cantata nel film Harvey Girls (1946), di cui era protagonista Judy Garland, e lavorando con Ginger Rogers, Fred Astaire, Bing Crosby, Jerry Lewis, Gene Kelly, Esther Williams, Dean Martin e con altri grandi del musical fino all’età di ottantasei anni (Manhattan Melody, 1980), anche se, man mano, il suo stile musicale non incontrava più il favore delle giovani generazioni affascinate dal rock.

Morto il 22 settembre dell’anno successivo a Los Angeles, fu sepolto nel Westwood Memorial Park di quella città. Sulla targa di bronzo della sua tomba la moglie fece incidere le prime note della canzone You’ll Never Know, il nome del marito, gli anni di nascita (errata) e di morte, e la scritta Amato marito, padre, compositore. L’Amministrazione Comunale di Cassano gli ha dedicato una strada della frazione Lauropoli, ma egli attende ancora il giusto tributo dalla distratta patria d’origine.

Salvatore Guaragna è, insieme a tanti altri, l’emblema di tutti quegli Italiani, e Calabresi, in particolare, i quali reagirono al disagio di emigrati emarginati e, spesso, perseguitati, scegliendo con caparbietà la via dell’affermazione personale assicurata dalla volontà e dall’impegno, integrandosi perfettamente nel complesso e variegato tessuto americano senza rinunciare alla propria identità.

Non è il solo, Salvatore Guaragna, a essere un grande dimenticato dalla Patria. Altri illustri uomini calabresi gli fanno compagnia: Italo Carlo Falbo, direttore del Progresso Italo-americano dopo esserlo stato de Il Messaggero in Italia, amico di Pirandello, con cui fondò la rivista Ariel, critico musicale, musicista compositore egli stesso, parlamentare, medico e botanico; San Gregorio Abate, l’amico di Ottone II e della regina Teofano, che diffuse la cultura bizantina in Germania, dove ancora oggi è il santo più venerato; Cosmo Granito, il medico filantropo eroe della rivolta antispagnola accesa a Napoli da Masaniello; e, tra i contemporanei, Saverio Strati, il più grande scrittore italiano vivente, giusto per fare un nome, visto che se ne sta parlando tanto in questi giorni Quanti ancora, dunque, da ricordare? Tanti. Se ne scriverà di volta in volta, fornendo le notizie essenziali, lontano dalla tentazione di tessere panegirici.

Leonardo R. ALARIO - Calabria Ora

lunedì 6 aprile 2009

Un sisma "disastroso" era stato previsto l'1/04/09 dal tecnico G.Giuliani.Bertolaso gli aveva dato dell'imbecille denunciandolo per procurato allarme.

lunedì 6 aprile 2009


La profezia di Giampaolo Giuliani, tecnico che fa ricerca ai Laboratori del Gran Sasso provoca il panico

L’AQUILA — Non bastasse lo sciame sismico che da metà febbraio ha trasformato questo angolo d’Abruzzo in una pista di rock and roll, con oltre 30 scosse di magnitudo superiori ai 2 gradi, scuole chiuse, malori, tetti pericolanti e gente sull’orlo di una crisi di nervi, a fare danni ci si è messo anche «il terremoto che non c’è»: o meglio, che sarebbe dovuto arrivare e per fortuna non c’è stato.

Annunciata con toni quasi profetici da Gioacchino, Giampaolo Giuliani, tecnico che fa ricerca ai Laboratori nazionali del Gran Sasso e che da anni sostiene di aver elaborato un metodo in grado di prevedere l’arrivo degli eventi sismici, la notizia del terremoto, che nelle previsioni di Giuliani avrebbe dovuto essere «disastroso», ha scatenato tra domenica e lunedì una psicosi collettiva, che ha mandato in tilt Sulmona e dintorni. Tale il vespaio, da costringere ieri la commissione Grandi Rischi della Protezione civile a riunirsi in fretta e furia «per rassicurare la popolazione che non c’è alcun pericolo in corso», che «la situazione è monitorata ora per ora» e che «non è possibile prevedere in alcun modo il verificarsi di un sisma». Con un diavolo per capello, il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, si è scagliato contro «quegli imbecilli che si divertono a diffondere notizie false», chiedendo una punizione esemplare.

E così è stato: Giuliani, che basa le sue previsioni sull’analisi di un gas (il Radon) sprigionato dalla crosta terrestre e che ha costruito enormi cubi in piombo per monitorare il suolo, ora si ritrova addosso una denuncia per procurato allarme. «È stato terribile». Il sindaco di Sulmona, Fabio Federico, ancora non si è ripreso. Domenica era a Roma, al congresso del Pdl. In mattinata, una scossa di magnitudo 4 aveva squassato il suo paese. «I vigili urbani— ha raccontato—mi hanno messo telefonicamente in contatto con questo signore (Giuliani, ndr.), che mi ha annunciato l’arrivo, da lì a poche ore, di un sisma devastante. Non sapevo che fare: far scattare il piano d’evacuazione o fare finta di niente?». A Sulmona intanto tutti già sapevano. Ed è stato il panico: gente in strada con i materassi, parroci che hanno svuotato le chiese, famiglie radunate nelle palestre. Poi è passata la domenica. E pure il lunedì. La terra ha tremato ancora. Ma piccole scosse. Niente al confronto del «terremoto che non c’è».

Francesco Alberti
01 aprile 2009

Fonte:Corriere della Sera

giovedì 19 marzo 2009


giovedì 19 marzo 2009
Dove va l’Italia? Intervista a Edward Luttwak.


Edward Luttwak è membro del CSIS Center for Strategic and International Studies di Washington (vedasi anche la critica al report del CSIS: Italy times 2), politologo esperto di problemi italiani. In questa intervista vengono trattati alcuni aspetti che riguardano il sud Italia. La posizione di Luttwak è particolarmente interessante, ed in alcuni versi addirittura controcorrente. Certamente la sua posizione sembra differire notevolmente da quella del report del CSIS citato.

L’intervista copre diversi aspetti della realtà italiana, secondo Luttwak. Si parte da Maastricht e si continua con: Ulivo, Polo, Rifondazione, Centro, Secessione, Giustizia, Riforme, Economia, Nord e Sud, Turbocapitalismo, Politica estera, Difesa, Immigrazione, Chiesa, Mafia, Cultura, Egoismo, Edonismo, per finire con: Italia e USA. Si riportano di seguito alcuni brani dell’intervista riguardanti il Sud Italia:

Dal Capitolo “Secessione”:

[...]

Perelli In caso di decentramento, o al peggio di separazione, che ne sarebbe del Sud? Verrebbe sempre piú abbandonato o, potendo produrre a piú bassi costi, rifiorirebbe?

Luttwak È evidente che il sistema Italia, negli ultimi 50 anni, ha favorito il Nord molto piú del Sud. Regalando un mercato protetto, quello appunto meridionale, dove si possono vendere macchinette scassate a alto prezzo. È vero che lo Stato ha anche assicurato massicci trasferimenti di soldi dal Nord al Sud, ma quando l’oro estratto al Nord viene filtrato attraverso una rete politica di clientele ciò che arriva a destinazione è soltanto acido corrosivo, peggio fango: perché anziché favorire lo sviluppo provoca un ulteriore deperimento.
Un meccanismo malefico che ha scoraggiato gli imprenditori meridionali dall’assumere rischi, e li ha trasformati in clientes, collettori di quei fondi settentrionali che in cambio di consenso politico Roma smistava al Sud.
Quindi è logico pensare che se il Sud venisse lasciato a sé stesso, e per sopravvivere fosse quindi obbligato a sfruttare le proprie risorse, le cose per i meridionali andrebbero molto meglio.
Sono convinto che un Sud indipendente, abbandonato dalla Padania, riuscirebbe a camminare bene con le sue gambe. Progredirebbe anzi molto piú del Nord.

Perrelli E che succederebbe del debito pubblico nazionale? Sono due milioni di miliardi. Una montagna di soldi. Verrebbe equamente diviso tra Nord e Sud?
Non sorgerebbero altre controversie?

Luttwak Il debito pubblico è liquidabile con grande facilità. Si può eliminarlo direttamente con l’inflazione, come ha fatto la Russia federale con quello sovietico. SI possono stangare i Bot, diminuendone ulteriormente il valore effettivo. I sistemi possono essere vari. È solo questione di fantasia.

Perrelli E i mercati internazionali assisterebbero imperturbabili allo scollamento?

Luttwak Conoscendo la psicologia degli operatori internazionali, si sprecherebbero le interpretazioni ironiche. Si parlerebbe di spirito di da operetta. Ma, al fondo, l’enfasi dei discorsi cadrebbe sulle continuità.
Sulla certezza che la proprietà sarebbe salvaguardata.
Dopotutto l’Italia è forse l’unico paese in Europa che non ha mai conosciuto rivoluzioni, dove ancora molta gente nasce, vive e muore nella stessa città, se non addirittura nella stessa casa degli antenati. Certo, come avviene in tutti i cambiamenti, ci sarebbe uno scotto da pagare. Ma non sarebbe troppo alto.
Se si pensa che negli ultimi anni, prima di Romano Prodi, l’Italia non ha avuto governi democratici ma tecnocratici, eppure la lira si è svalutata solo del 10-15 per cento per poi tornare rapidamente in quota, appare chiaro che nessun avvenimento politico che vi riguarda è giudicato con gravità dai mercati internazionali.

Perrelli Non è bizzarro che tutto questo terremoto sia stato provocato da un movimento culturalmente rozzo come la Lega? Non è singolare che il Nord evoluto e superindustrializzato non abbia mai saputo dotarsi di una leadership politica affidabile, in grado di rappresentare autorevolmente gli interessi del decentramento?

Luttwak Gli imprenditori italiani non sono mai diventati una élite politica perché non avevano sufficienti incentivi. Si accontentavano di sfruttare le debolezze dello Stato, evadendo il fisco ed eludendo tutti i controllo — tipo la normativa anti-trust, le leggi in difesa dei consumatori — a cui dovevano sottoporsi i loro concorrenti europei. Un orizzonte di piccolo cabotaggio, che garantiva però una vita prospera e tranquilla. Ma che ha impedito agli industriali di far proprio il messaggio di Einaudi e di assumere la guida del Nord Italia.

Perrelli Negli Stati Uniti come è considerata la prospettiva della secessione?

Luttwak La manifestazione di Venezia e l’occupazione del campanile di San Marco hanno creato abbastanza rumore da essere seguite da quasi tutti i media americani, notoriamente disattenti sulle vicende italiane.
Basti pensare che alla visita di Prodi a Washington i giornali non hanno dedicato una riga. Ma la copertura ha messo in evidenza piú che altro gli aspetti folcloristici.
Si è capito perfettamente che non sarà Bossi a mettere in crisi l’unità d’Italia. Perché preferisce anteporre sé stesso alle sue idee. La Lega, sotto la sua guida, continuerà a scivolare. E lui sarà costretto a ritirarsi come Garibaldi.
Ma se il governo non decentra sorgeranno altre Leghe meno ridicole del Governo Serenissimo. Il federalismo è una bandiera che non può essere ammainata.

Dal Capitolo “Nord e Sud”:

Perrelli Il Nord è otto volte piú ricco del Sud. Al di là dei dibattiti sul federalismo e delle sue virtú terapeutiche a lungo raggio, cosa si può fare al momento per ridurre queste abissali distanze?

Luttwak Sul concetto di Sud bisogna intendersi. Conosco molti italiani che sono stati in mezzo mondo e non si sono mai spinti in Sicilia e Calabria. Uno dei luoghi comuni piú classici, quando si parla della Sicilia, è di chiamare in causa la lupara. Se chiedi cos’è mai questa lupara, la risposta è: un fucile per cacciare i lupi. Invece la lupara è una munizione. Ma non lo sa nessuno. E a nessuno interessa neanche saperlo. E poi, cosa si intende per Sicilia della lupara?
Quella orientale è ben differente da quella occidentale.
Con queste generalizzazioni, il concetto di Sud è diventato un’astrazione che non tiene assolutamente conto della realtà. Ci sono zone in Puglia, per esempio, che come capacità produttiva e livello di reddito competono con le aree del Nord.
E allora? Un fatto è assodato. La Sicilia, la Calabria, la Campania e la Lucania sono le regioni italiane che hanno ricevuto il massimo dei sussidi statali e che quindi hanno patito di piú le degenerazioni del sistema politico.
L’aver creato artificiosamente leggi di impiego e norme per la tutela del lavoro ha condannato queste aree alla disoccupazione. Perché impiantare una fabbrica in Calabria, una zona cosí periferica rispetto al baricentro economico del paese, ha costi di trasporto esorbitanti. Per rendere la fabbrica competitiva, bisognerebbe abbassare i salari dei dipendenti. L’avere per legge fissato, invece, un minimo salariale uniforme in tutto il paese è stata la dannazione del Sud.
E l’ironia è che chi si è battuto per questo salario uniforme passa per difensore dei lavoratori. Il primo provvedimento da prendere era quello di adeguare le paghe alle reali condizioni economiche di ciascuna zona. Sarebbe bastata quasta misura per far decollare la competività.

Perrelli Il governo ha già fissato condizioni di flessibilità per i livelli dei compensi e per la durata dei contratti nelle aree piú disagiate. Imoltre ha deciso di creare per decreto 100mila posti di lavoro per i giovani attraverso contratti di apprendistato e di formazione.

Luttwak Creare posti di lavoro per decreto è solo una forma di assistenzialismo mascherato. Si ricade nel vecchio vizio dello statalismo italiano. Per amor di boutade, si potrebbe dire che la Usl di Caltanissetta, provincia che detiene il record nazionale della disoccupazione giovanile, è l’istituzione piú costosa del mondo insieme con il Louvre e il Pentagono. L’introduzione della flessibilità è invece un provvedimento tardivo, ma sacrosanto. Sarà anche una banalità, ma è meglio lavorare anche solo un poco che rimanere disoccupati. Il salario unico, per un paese vario come l’Italia, è un meccanismo artificiale troppo rigido. Una dichiarazione di guerra contro i giovani, che sopravvivono con il piatto di minestra allungato dalla famiglia ma non trovano sistemazioni. UN giovane scapolo che risiede in un paesino del Sud ha bisogno per vivere di molti meno soldi di un suo collega piú anziano che a Milano deve mantenere moglie e figli. Il primo campa benissimo con due milioni al mese, il secondo con quella cifra muore di fame. Ignorare questa enorme differenza è solo un gioco malvagio. Rifiutare i bassi salari in nome di un’astratta equità significa solo condannare i giovani alla disoccupazione.

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Perrelli Ma il numero dei ricchi al Nord è enormemente superiore. E questo squilibrio determina il fiorire di contrapposti egoismi. Il Nord si lagna perché non gli va di mantenere il Sud pagando molte tasse. Il Sud si lamenta perché è costretto a vivere di puro assistenzialismo. Chi ha ragione?

Luttwak Hanno ragione tutti. Il meccanismo perverso dell’assistenzialismo ha messo in difficoltà gli uni e gli altri. Quando un lombardo doveva versare 50 lire di tasse, Roma gliele dirottava subito al Sud, barattando il sostegno alle aree depresse col consenso politico. A volte di quelle 50 lire ne arrivavano a destinazione solo 20. E comunque in una maniera cosí distorta da impedire all’imprenditore di fare il suo mestiere. L’unico a trarne un tornaconto era il politico che gestiva il passaggio.

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Perrelli C’è una corrente della cultura italiana, il meridionalismo, che ha prodotto fior di dibattiti accademici. È mai possibile che tutti queti intellettuali non abbiano mai partorito un’idea valida?

Luttwak La riforma piú importante e piú originale attuata in Italia è stata quella fiscale in Lombardia, alla fine del VIII secolo. Nel Settecento la Lombardia aveva conosciuto un rapido declino a causa dei pesanti balzelli imposti dal sistema spagnolo. Rimaneva in piedi un po’ di industria, ma l’agricoltura era stata messa in ginocchio, le terre venivano sempre piú abbandonate. Caduto il governo spagnolo, i francesi hanno ingaggiato un gruppo di intellettuali napoletani per rimettere le cose a posto. E sono stati questi napoletani di grande ingegno a fare una riforma patrimoniale che nella sua semplicità era a dir poco geniale. Ogni cittadino doveva pagare le tasse solo sul valore della sua proprietà. Se avevi un pezzo di terra pagavi un tot. Se poi ne miglioravi la coltivabilità, investendo in nuovi sistemi di irrigazione, pagavi sempre la stessa tassa. Lo Stato non veniva a chiederti quanti chili di grano in piú avevi prodotto. Quindi c’era un grande incentivo a investire e produrre. E questo portò all’accumulazione di capitali che rese possibile la nascita di una grande industria. Pose insomma le premesse per la prosperità della Milano di oggi. Quato dimostra che l’ingegno meridionale ha avuto felici applicazioni fuori dal Sud. Ma lo Stato non ha mai permesso che trovasse sbocchi in casa propria. Le idee rimanevano frasi sterili. Lo Stato non aveva alcun interesse a valorizzarle, perché il progresso avrebbe distrutto la rete del clientelismo e gli avrebbe quindi impedito di controllare il territorio. Un vero impernditore non ha mai bisogno della protezione politica. Vuole solo un’amministrazione pulita ed efficiente.

Perrelli Ma perché allora i fallimenti vengono imputati anche alla presunta pigrizia delle popolazioni meridionali?

Luttwak Stupidaggini. Personalmente mi sento legatissimo al Sud da tre ordini di ragioni. La prima è che a livello turistico trovo il Sud molto piú interessante del Nord. Poi c’è una causa sentimentale. Palermo è la città dove i miei genitori decisero di trasferirsi nel dopoguerra. Appartenevano all’alta borghesia europea, avevano grandi mezzi, e potevano scegliere. Optarono per Palermo perché in quegli anni — e mi rendo conto che oggi sarebbe inimmaginabile — Palermo era una città che poteva attrarre gente colta e facoltosa. Era una delle mete della grande borghesia: come Taormina, Venezia, la Costa Azzurra. Deauville nei mesi piú caldi. C’è infine un motivo politico. Tutte le problematiche italiane piú affascinanti sono concentrate al Sud. È lí che crollano gli alibi della Prima repubblica. È proprio lí, dove lo Stato ha cercato di essere piú attivo, che anziché il progresso si è prodotto il massimo dello scempio.

Perrelli Sull’arretramento ha però influito anche la prepotente espansione della malavita.

Luttwak Prima c’è il sistema di corruzione politica e poi c’è la malavita. I vermi arrivano dopo che il dottore ha ucciso il paziente. Se il corpo è sano, i parassiti possono invece esercitare addirittura una funzione positiva. Come avviene in Giappone a OSaka, che ha per le strade piú malavita organizzata di Napoli. La polizia le permette di prendere il pizzo sui bordelli, sui night club, sui casinò, a patto però che tenga fuori dalla fascia urbana la droga. In Italia la delinquenza organizzata è solo il frutto dell’abbandono dello Stato. Ripeto, quando nel ‘48 i miei dovettero lasciare l’Europa orientale perché in seguito agli eventi bellici avevano perso il 75 per cento delle loro proprietà, la scelta fu tra Venezia e Palermo. E andarono in Sicilia, che a loro avviso garantiva una qualità di vita superiore. Sí, c’era anche molta povertà. Ma dal punto di vista culturale Palermo era una perla. Si andava all’opera, io stesso a 5 anni ho assistito a un concerto di violino di Yeudi Menuhin che aveva molti estimatori in Sicilia. C’erano scrittori che producevano buoni libri. E la quotidianità era serena. Si passeggiava, si andava al mare, la sera si prendeva il gelato. La mafia era ancora confinata nelle campagne. C’era il bandito Giuliano nelle colline. Ma la malavita non aveva ancora distrutto l’ambiente cittadino, non aveva demoralizzato la società palermitana.

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Dal Capitolo “Chiesa”:

Perrelli Anche sulla secessione, il papa appare intransigente. Non manca mai di scagliare severi moniti contro chi attenta all’unità del paese.

Luttwak È logico che sia cosí. La Chiesa cattolica è un’istituzione supercentralizzata. Tutta la sua autorità è infatti concentrata in una sola persona, il papa. E tutta la sua politica dipende appunta dalla personalità della persona che viene chiamata a quell’ufficio. Essendo papa Wojtyla una personalità autoritaria, è automatico che le sue simpatie vadano allo Stato centralista. Poi c’è un secondo fattore. La Chiesa non ha mai sofferto per le disfunzioni dello Stato. Al contrario, ha sfruttato gli ampi spazi trascurati dallo Stato per surrogarlo, esercitando funzioni statali. Se il sindaco in altri termini ha poco prestigio, aumenta in proporzione il prestigio del vescovo. Quindi è per mero tornaconto, non certo per amore dell’Italia, che il papa si scaglia contro la secessione. Ed è un’ingerenza intollerabile che si permetta di alzare la voce e di tuonare contro la Lega.

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Dal Capitolo “Mafia”:

Perrelli Lo Stato sgangherato, di cui abbiamo passato in rassegna i principali difetti, sta mettendo a segno successi significativi nella lotta contro la mafia.

Luttwak La supermafia emersa negli anni Settanta era il risultato degli equilibri politici. Spadroneggiava perché sapeva di poter contare su complicità ad alto livello. Finite queste protezioni, sparisce. Il fenomeno si ridimensiona. E il suo grado di pericolosità dipende ora da un lato dall’efficacia degli interventi dello Stato, dall’altro dalla presenza o assenza di opportunità economiche sul territorio in cui si muove. Oggi, però, c’è la novità del pentitismo: in grimaldello che ha permesso appunto di mettere a segno buoni colpi.

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Perrelli Ma perché in tutta l’Europa occidentale si è formato solo in Italia un fenomeno di grande criminalità come la mafia?

Luttwak Perché si produca questo tipo di criminalità è necessario che ci sia una popolazione economicamente arretrata, in una zona dallo sviluppo bloccato. Se però in altre aree della nazione c’è prosperità, il delinquente cercherà di fare il predatore nelle regioni piú ricche. La mafia nasce in Sicilia, ma da tempo il suo raggio di azione si è esteso a Roma e Milano. Ma non è un fenomeno esclusivo dell’Italia. Lo stesso avviene in Colombia, dove la grande criminalità nasce in periferia ma si alimenta del dinamismo e della crescita economica del paese. Lo stesso avviene in Giappone, dove la Yakuza ha origini rurali ma opera sulle piazze di Tokyo e Osaka. E, su scala piú ridotta, lo stesso avviene in Francia, dove i criminali provenienti dalla Corsica prendono di mira per le loro azioni il territorio metropolitano.

Perrelli Per molti versi, in Sicilia e in Calabria lo Stato è stato sostituito dalla mafia e dalla ndrangheta che si sono trasformate in datori di lavoro. Si è cosí creata un’economia sotterranea che dà da vivere e allontana sempre piú i suoi adepti dalle istituzioni. COme si fa a restituire a questi cittadini la fiducia nello Stato?

Luttwak La fiducia lo Stato finora non se l’è proprio meritata. La sua presenza in Sicilia e Calabria era puramente di facciata. La sua macchina era arrugginita. Pretendeva che venisse riconosciuta la sua autorità ma in cambio non dava servizi e infrastrutture. Non incoraggiava lo sviluppo dell’imprenditoria onesta e permetteva indirettamente alle organizzazioni criminali di crescere. Lo Stato, in sostanza, era assente. Con una sola eccezione. I carabinieri. Che erano però a loro volta bloccati dagli ordini provenienti dall’alto. Sapevano dove si nascondevano i boss. Conoscevano le loro ville. Vedevano gli scagnozzi fare la guardia davanti ai loro rifugi, muniti di telefonino. Ma non potevano arrestarli perché avevano protezioni politiche. E questo accentuava ancor piú la perdita di rispetto di uno Stato che veniva manipolato da governanti corrotti. Oggi quindi le cose da fare sono due: rendere decenti i servizi forniti dallo Stato e cercare di ristabilire in fretta la sua reputazione.

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Perrelli Se ben gestito, insomma, il Sud dell’Italia diventerebbe la Florida d’Europa.

Luttwak La Florida è piatta, ha una brutta spiaggia e un pantano pieno di alligatori. Non rende onore alla bellezza dell’Italia meridionale un paragone con la Florida. Ma la FLorida ha successo perché le sue autorità locali riescono a massimizzare tutto grazie al piú completo liberismo. Per ottenere una licenza di ristorante o di motel, ci vogliono cinque minuti e una decina di dollari. Ed ecco che i ristoranti e i motel spuntano come funghi. In Italia avviene esattamente il contrario. Vengono sabotati perfino i santuari del turismo. Prendiamo l’Hôtel San Domenico Palace di Taormina. Per me è l’albergo piú bello dell’intero pianeta. Eppure la proprietà non lo cura come meriterebbe e resiste all’idea di venderlo a chi potrebbe gestirlo meglio. Prendiamo un altro caso: Piazza Armerina. Ci sono dei mosaici romani, come in tanti altri posti del Mediterraneo. Ma quando hai visto quelli ti puoi scordare di tutti gli altri. Bene, se Piazza Armerina fosse in Florida, avrebbe un aeroporto internazionale, con voli ogni tre minuti, almeno trecento hotel e registrerebbe un viavai continuo per dodici mesi all’anno. Con le comunicazioni che ci sono oggi, con il livello di integrazione che c’è in Europa, nelle regioni meridionali non dovrebbero esserci disoccupazione, semmai carenza di manodopera.

Perrelli È piú facile forse per lo State diventare virtuoso che cancellare una criminalità con profonde radici e con un livello di brutalità e di primitività intaccato anche nell’era del computer.

Luttwak Quando da bambino vivevo a Palermo vidi la prima trasformazione dei mafiosi. Non piú paesani che andavano in giro con il gilè, la coppola e lo schioppo. Ma gagà che con la pistola in tasca bazzicavano intorno al mercato della frutta fasciati da camicie di nylon, che erano molto di modo all’epoca. La polizia non riusciva a tenerli alla larga. Era nata la nuova mafia. Il vero salto di qualità in Sicilia è avvenuto però un po’ piú tardi, quando gli americani si allearono con i francesi per stroncare il business dell’eroina a Marsiglia. Il mercato della droga si è allora trasferito in Sicilia. È aumentato a dismisura il volume degli affari. E per agire indisturbati i mafiosi hanno avuto bisogno della protezione politica che scambiavano con i voti.

[...]

Perrelli Quanto pesa, nel giudizio che gli americani hanno di noi, la brutalità e l’inestirpabilità della piovra?

Luttwak Posso rispondere con la mia esperienza personale. Da bambino ho fatto le elementari a Palermo. Frequentavo un’ottima scuola, dove la metà dei bambini venivano in classe scalzi. Ma in America oggi se lo sognano di avere maestri cosí preparati come quelli che mi hanno insegnato a leggere e a scrivere. Mia madre nel ‘48, prima di andare al concerto, prendeva il tè e conversava in inglese con le amiche siciliane. Ebbene, quando racconto che da bambino ho vissuto a Palermo scorgo subito uno sguardo di compatimento nell’interlocutore. La Sicilia, nella sua mente, evoca automaticamente l’idea di mafia.

Fonte:Intervista a Edward Luttwak, di Gianni Perelli
Newton & Compton, 1997
Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno - È partita la grande mistificazione

Di Carmine Colacino


È partito il coro degli ascari, come ai tempi della cassa per il Mezzogiorno, tutti a cantare le glorie del governo e del federalismo, a vantare i benefici effetti sul paese e sul Mezzogiorno della nuova grande "trovata" nazionale.

Ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno solo Capecelatro e Carlo (*) nel 1972 si dissociarono e dimostrarono che questa non avrebbe funzionato perché - cosí com’era stata strutturata - il suo riformismo era talmente velleitario da essere ridicolo, mentre Confindustria remava contro premendo sul sottosviluppo (per contenere e spezzare la spinta operaia, si era allora, come già detto, nel 1972).

Come poi le cose andarono a finire, è noto, il Sud non si sviluppò, mentre diverse imprese del nord ci guadagnarono.
Del resto Capecelatro e Carlo avevano avvertito (in nota) che il particolare tipo di incentivi proposto aveva, anche nel passato, favorito le imprese piú ricche ed avanzate e quindi settentrionali.
Le critiche da loro fatte, precisano quindi, valevano anche per il passato, in cui questa politica fu, nei fatti, un fiasco.
Ma come è ben noto il passato ad alcuni non insegna niente, e quindi oggi il presidente dell’ordine dei commercialisti di Lecce ci informa che ci guadagneremo tutti dal federalismo fiscale (certo, basta mettersi d’accordo su cosa si intende per "tutti"), come per miracolo tutti gli sprechi spariranno (neanche la magistratura ci è riuscita, ma la legge sul federalismo ci riuscirà), diminuiranno i soldi al Sud, ma anche le tasse (locali e nazionali) senza diminuzione dei servizi, un miracolo quindi (come quello che si annunciava con la Cassa per il Mezzogiorno).

Il ministro Fitto (anche lui evidentemente ignaro del passato) ha spiegato che questa sarà una grande opportunità per aprire un confronto sul ruolo degli Enti locali, è evidente che la soluzione dei problemi del Sud non era poi cosí difficile se il federalismo (solo fiscale per ora, si noti) risolverà tutti i problemi.

Capecelatro e Carlo allora non vennero creduti, la loro voce si perse nel frastuono osannante del solito coro di ascari politici ed accademici (e non solo), lo stesso frastuono che si sente oggi, ma anche questa volta non è difficile prevedere quale sarà il risultato.

Il vero problema del Sud è la sua classe dirigente, oggi come nel 1860. Concludiamo con le parole di Capecelatro e Carlo:

"La morale della storia (se ce n’è una) insegna, però, una cosa: le classi che non sanno risolvere i problemi che pone lo sviluppo del loro stesso sistema, firmano una grossa cambiale che, prima o poi, verrà presentata per l’incasso."


(*) Capecelatro E.M, Carlo A. 1972. Contro la "questione meridionale" - Studio sulle origini dello sviluppo capitalistico in Italia. La nuova sinistra, Edizioni Samonà e Savelli, Roma - Appendici - Le recenti misure dello Stato a vantaggio del Sud (pp. 157-163, piú note).

Fonte:Associazione Culturale Due Sicilie

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Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno
Ieri presso il Centro Ecotekne una giornata di studio
Ieri in Ecotekne un convegno ha riunito mondo accademico e politico per affrontare il tema del federalismo fiscale, in discussione nelle stesse ore alla Camera
Ieri presso il Centro congressi Ecotekne, l'Università del Salento e l'Ordine dei Commercialisti della Provincia di Lecce, hanno organizzato una giornata di studio sul "Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno".

Un'intera giornata di studio promossa dalla facoltà di Economia dell'Università del Salento e dai dipartimenti di Scienze economiche e matematico-statistiche e Studi aziendali, giuridici e ambientali, in collaborazione con l'Ordine dei commercialisti di Lecce. Perchè sul federalismo vale la pena documentarsi in maniera attenta e puntuale, in un momento delicato come quello di questi giorni, che sancisce un'evoluzione importante nel passaggio dal sistema di finanza derivata a quello di finanza decentrata.

Presenti all'incontro il rettore Domenico Laforgia, Stefano Adamo, il preside della facoltà di economia e Lorenzo Ria, che hanno aperto i lavori del convegno. Quindi una folta schiera di personalità del mondo accademico si è avvicendata alla cattedra del Centro congressi per analizzare punto per punto il provvedimento. Tra gli interventi, divisi in due sessioni, Alberto Zanardi, dell'Università di Bologna, Vittorio Mapelli, della Statale di Milano, Franco Paparella e Giampaolo Arachi, dell'Università del Salento, Massimo Bordignon, della Statale di Milano, e molti alti.

In apertura dell'incontro, il ministro Fitto ha riassunto i principi essenziali della manovra. "I punti chiave del provvedimento sono due - ha spiegato Fitto – da un lato la responsabilizzazione delle Amministrazioni locali, dall'altro il miglioramento della qualità della spesa pubblica. Questa sarà una grande opportunità per aprire un confronto sul ruolo degli Enti locali".

"Il Federalismo Fiscale- ha dichiarato a proposito del Convegno Rosario Giorgio Costa- dà finalmente attuazione all'art.119 della Costituzione e permetterà al Mezzogiorno di costruirsi il proprio destino, ovviamente con la prevista gradualità che necessita ogni rivoluzione epocale ma con lo spirito di chi vuole essere artefice, risorsa e non impedimento allo sviluppo globale del Paese."
"Dopo l'approvazione definitiva- continua il Presidente dell'Ordine salentino- toccherà al Governo, il cui Mezzogiorno è magistralmente rappresentato dal Fitto, l'emanazione dei decreti attuativi che daranno sostanza e scadenze precise a questo importante provvedimento legislativo che coinvolgerà tutti i cittadini, le professioni, le Università, gli Enti locali, le Province, le Regioni."
"Certo- precisa Costa- occorrerà essere capaci di contenere i costi delle funzioni che tali Enti svolgono, ma si potranno anche ridurre le tasse, e contare su entrate sicure, su tributi propri e su una migliore compartecipazione al gettito Irpef, Ires, Irap, oltre che sul fondo perequativo. Le nuove norme garantiscono che il federalismo non aumenterà bensì ottimizzerà la spesa pubblica complessiva, e l'autonomia impositiva degli Enti locali(che mira a combattere sprechi e inefficenze attraverso il passaggio ai costi standard) sarà supportata anche da trasferimenti di importanti funzioni, competenze e personale dallo Stato al sistema delle Autonomie."
"Il nuovo ordinamento- conclude il Presidente- ha anche l'obiettivo di ridurre la pressione fiscale, ormai insostenibile per il cittadino, mentre la perequazione, la fiscalità di sviluppo, l'eventuale attribuzione di risorse aggiuntive e di interventi speciali, dovrebbero consentire a tutti di partire con pari opportunità. Credo che il federalismo, così come pensato, farà del bene al nord e al sud e permetterà al nostro Mezzogiorno di poter camminare a passo spedito con le proprie gambe, di crescere e di svilupparsi a pieno titolo all'interno di questa Europa, e di essere il volano dell'intero Mediterraneo."