sabato 27 novembre 2010

Tra nord e sud palme e veleni

di LINO PATRUNO

È vero, Nord e Sud sono diventati ciò che prima erano destra e sinistra. La versione aggiornata. Così questa fetida questione dell’immondizia di Napoli. Si chiede che possa essere smaltita da altre regioni, e sùbito la Lega reagisce: al Nord mai.

A occhio e croce si può capirli, anzi anche alcune regioni del Sud hanno risposto così, loro l’hanno creata e loro se la tengano. Poi però ci sono una decina di inchieste giudiziarie a dimostrare come le discariche campane siano stracolme di rifiuti soprattutto del Nord. E rifiuti speciali, ipocrisia per dire veleni micidiali tipo amianto, diossina, cianuro. Fatti arrivare dalla camorra a un prezzo otto volte più basso. Almeno 40 tir a settimana, dice niente il film ? E la gente lo sa, le barricate a Terzigno non sono la solita cialtronata della solita plebe meridionale anarchica e cenciosa.

A guadagnarci non è solo la criminalità. Ci guadagna anche la politica dagli opachi rapporti con la criminalità. E del resto, la storia si ripete. Ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno, invece di far crescere al Sud le piccole imprese, quelle legate alle produzioni del territorio, ci mandarono i grandi impianti inquinanti (siderurgia, chimica, raffinazione). Che non solo distrussero una terra e l’anima di un popolo. Ma non lasciarono una lira di reddito, perché i loro semilavorati tornavano al Nord per alimentare quell’industria (come l’acciaio per le auto). Lasciarono invece un cimitero di illusioni quando la crisi petrolifera li schiantò. E danni che chissà se i secoli cancelleranno, al di là delle travagliate bonifiche. Come sanno a Manfredonia e Brindisi.

Non avviene solo in Italia. Avviene normalmente fra i ricchi e i poveri, le terre derelitte ridotte a discarica di tutto. E poi, questo è un mondo senza più confini, di industrie senza patria, di capitali senza nomi, di luoghi senza memoria. In cui Internet trapassa beffardamente tutti. In cui non ci sono Sud e Nord isolati fra loro. E in cui nessun Nord e nessun Sud possono innalzare barriere come ci si illude di fare fra Paesi virtuosi e Paesi canaglia. Non c’è Sud che non sia stato creato anche da un Nord. E non c’è Nord che non sia implicato in un Sud.

Così la questione della mafia. Roberto Saviano afferma che la Lega con la camorra, e apriti cielo. Di sicuro eccede col verbo, chissà se per caso. Ma era stato Leonardo Sciascia a dire che la linea della palma salirà sempre, nel senso che prima o poi la palma avrebbe attecchito anche in climi imprevisti: diciamo la . Quel tempo è arrivato, per la verità da decenni, perché mica la camorra i suoi soldi li va a investire dove non rendono. E gli affari si fanno dove c’è più ricchezza. Non c’è stata molta attenzione, o prevenzione, nel vedere cosa succedeva in almeno vent’anni, quelli del governo locale della Lega. Chi otteneva gli appalti? Chi vinceva le gare? E chi erano questi fortunati che in tempi di magra avevano tanto contante e tanto ardire di investire? Con quali banche ad occuparsene?

Questo non vuol dire affatto complicità. Vuol dire che se le mafie sono state fatte crescere al Sud lasciato nelle loro mani, si ingrossano anche perché ci sono Nord con occhi semichiusi. O semiaperti. E che le mafie si combatterebbero meglio al Sud se i loro capitali insanguinati non si rifugiassero al Nord. Dove non è solo una bestemmia dire che alimentano l’economia, nel senso che contribuiscono ad arricchirla. Depredano a Sud e seminano a Nord. Quando invece è risaputo che si soffocano soltanto paralizzandone i patrimoni.

Ora non dovrebbero ripetere al Nord l’errore fatto al Sud, sottovalutarne la presenza con la spocchia dell’economia sana invulnerabile alla mela marcia. O dicendo altezzosamente che non è roba loro ma cosa nostra. E’ roba nazionale. E non perché qualche boss di serie B sia stato mandato lassù in soggiorno obbligato (sarebbe peggio, perché lo sapevano). Ma perché sono roba nazionale molte più cose che il signor Bossi non ritenga. Affidandosi al federalismo per apporre una sbarra di egoismo fra le regioni.

E’ nazionale la rete infinita che, nonostante tutto, lega questo Paese. Dai milioni di meridionali al Nord alle migliaia di aziende settentrionali al Sud (compresa quella che lavora alla interminabile autostrada Salerno-Reggio Calabria, se proprio insistono a parlare). Dai soldi delle tasse dei settentrionali che scenderebbero al Sud alla spesa dello Stato molto più alta al Nord che al Sud, restituzione con gli interessi (dati del ministero dello Sviluppo). Ultime opere finanziate: centinaia di milioni su, qualche decina di milioni giù. E poi i voti raccolti al Sud per consentire al Nord della Lega di stare al governo.

Conclusione: l’Italia è unita non solo quando fa comodo. Anche se i lavori in corso per separare i cosiddetti buoni dai cosiddetti cattivi procedono alacremente.
www.linopatruno.com

Fonte:Gazzetta del Mezzogiorno

Tra nord e sud palme e veleni

Tra nord e sud palme e veleni

di LINO PATRUNO

È vero, Nord e Sud sono diventati ciò che prima erano destra e sinistra. La versione aggiornata. Così questa fetida questione dell’immondizia di Napoli. Si chiede che possa essere smaltita da altre regioni, e sùbito la Lega reagisce: al Nord mai.

A occhio e croce si può capirli, anzi anche alcune regioni del Sud hanno risposto così, loro l’hanno creata e loro se la tengano. Poi però ci sono una decina di inchieste giudiziarie a dimostrare come le discariche campane siano stracolme di rifiuti soprattutto del Nord. E rifiuti speciali, ipocrisia per dire veleni micidiali tipo amianto, diossina, cianuro. Fatti arrivare dalla camorra a un prezzo otto volte più basso. Almeno 40 tir a settimana, dice niente il film ? E la gente lo sa, le barricate a Terzigno non sono la solita cialtronata della solita plebe meridionale anarchica e cenciosa.

A guadagnarci non è solo la criminalità. Ci guadagna anche la politica dagli opachi rapporti con la criminalità. E del resto, la storia si ripete. Ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno, invece di far crescere al Sud le piccole imprese, quelle legate alle produzioni del territorio, ci mandarono i grandi impianti inquinanti (siderurgia, chimica, raffinazione). Che non solo distrussero una terra e l’anima di un popolo. Ma non lasciarono una lira di reddito, perché i loro semilavorati tornavano al Nord per alimentare quell’industria (come l’acciaio per le auto). Lasciarono invece un cimitero di illusioni quando la crisi petrolifera li schiantò. E danni che chissà se i secoli cancelleranno, al di là delle travagliate bonifiche. Come sanno a Manfredonia e Brindisi.

Non avviene solo in Italia. Avviene normalmente fra i ricchi e i poveri, le terre derelitte ridotte a discarica di tutto. E poi, questo è un mondo senza più confini, di industrie senza patria, di capitali senza nomi, di luoghi senza memoria. In cui Internet trapassa beffardamente tutti. In cui non ci sono Sud e Nord isolati fra loro. E in cui nessun Nord e nessun Sud possono innalzare barriere come ci si illude di fare fra Paesi virtuosi e Paesi canaglia. Non c’è Sud che non sia stato creato anche da un Nord. E non c’è Nord che non sia implicato in un Sud.

Così la questione della mafia. Roberto Saviano afferma che la Lega con la camorra, e apriti cielo. Di sicuro eccede col verbo, chissà se per caso. Ma era stato Leonardo Sciascia a dire che la linea della palma salirà sempre, nel senso che prima o poi la palma avrebbe attecchito anche in climi imprevisti: diciamo la . Quel tempo è arrivato, per la verità da decenni, perché mica la camorra i suoi soldi li va a investire dove non rendono. E gli affari si fanno dove c’è più ricchezza. Non c’è stata molta attenzione, o prevenzione, nel vedere cosa succedeva in almeno vent’anni, quelli del governo locale della Lega. Chi otteneva gli appalti? Chi vinceva le gare? E chi erano questi fortunati che in tempi di magra avevano tanto contante e tanto ardire di investire? Con quali banche ad occuparsene?

Questo non vuol dire affatto complicità. Vuol dire che se le mafie sono state fatte crescere al Sud lasciato nelle loro mani, si ingrossano anche perché ci sono Nord con occhi semichiusi. O semiaperti. E che le mafie si combatterebbero meglio al Sud se i loro capitali insanguinati non si rifugiassero al Nord. Dove non è solo una bestemmia dire che alimentano l’economia, nel senso che contribuiscono ad arricchirla. Depredano a Sud e seminano a Nord. Quando invece è risaputo che si soffocano soltanto paralizzandone i patrimoni.

Ora non dovrebbero ripetere al Nord l’errore fatto al Sud, sottovalutarne la presenza con la spocchia dell’economia sana invulnerabile alla mela marcia. O dicendo altezzosamente che non è roba loro ma cosa nostra. E’ roba nazionale. E non perché qualche boss di serie B sia stato mandato lassù in soggiorno obbligato (sarebbe peggio, perché lo sapevano). Ma perché sono roba nazionale molte più cose che il signor Bossi non ritenga. Affidandosi al federalismo per apporre una sbarra di egoismo fra le regioni.

E’ nazionale la rete infinita che, nonostante tutto, lega questo Paese. Dai milioni di meridionali al Nord alle migliaia di aziende settentrionali al Sud (compresa quella che lavora alla interminabile autostrada Salerno-Reggio Calabria, se proprio insistono a parlare). Dai soldi delle tasse dei settentrionali che scenderebbero al Sud alla spesa dello Stato molto più alta al Nord che al Sud, restituzione con gli interessi (dati del ministero dello Sviluppo). Ultime opere finanziate: centinaia di milioni su, qualche decina di milioni giù. E poi i voti raccolti al Sud per consentire al Nord della Lega di stare al governo.

Conclusione: l’Italia è unita non solo quando fa comodo. Anche se i lavori in corso per separare i cosiddetti buoni dai cosiddetti cattivi procedono alacremente.
www.linopatruno.com

Fonte:Gazzetta del Mezzogiorno

"Zeitgeist" sottotitolato in italiano.Buona visione !!

lunedì 8 novembre 2010

Il tricolore del Nord il tricolore del Sud

di Lino Patruno

Facciamoci caso. Appena il Sud alza la voce, qualcuno si indigna perché si comprometterebbe il "senso d'identità nazionale". Insomma il Sud non più muto minaccerebbe l’Unità d’Italia proprio mentre se ne celebrano i 150 anni. Strano che nessuno si sia inalberato quando dritto dritto di secessione parlava la Lega Nord. Anzi, per dimostrare la parità di trattamento, la si è fatta accomodare con tutti gli onori al governo.
E strano che si sia gridato allo scandalo per un tricolore bruciato a Terzigno nella rivolta della monnezza, mentre è solo folklore il tricolore vilipeso ogni minuto da Bossi e compagni.
Il Sud che parla non va ascoltato, ma messo sùbito a tacere come neoborbonico, nostalgico di quell’innominabile Regno del Male. E il Sud che parla non vorrebbe migliorare il suo futuro, ma tornare al suo infame passato. Così qualsiasi libro di storia diversa da quella finora raccontata non è storia ma delirio, come se qualcuno avesse il monopolio della storia. Con la classica domanda: ma a che serve? Se non ad aprire gli occhi sulla storia, dovrebbe servire a capire ciò che bolle nel ventre del Sud.
Capire prima di dire, zitto tu che sei sporco e cattivo. Capire prima di accusare il Sud di minacciare un’Unità dalla quale è fuori.
E poi, squilibri fra aree ci sono in tutta Europa, altrimenti non ci sarebbero gli interventi per eliminarli. Ma non risulta che altrove gli abitanti meno ricchi siano considerati esseri inferiori cui non concedere nemmeno la parola. La Germania, per dire, sempre sbattuta in faccia al Sud, imparate da loro. Per portare l’Est riunificato al livello dell’Ovest ha speso cinque volte quanto speso dalla Cassa per il Mezzogiorno: cinque volte. Ma dopo vent’anni le differenze di reddito sono più o meno pari alle nostre. Eppure i territori dell’Est sono considerati i più colti e chic del Paese. E se finora la parità non è stata raggiunta, nessuno si è sognato di dire che dipende dalle persone e non dalle politiche adottate.
Ora il ministro Tremonti, che non va a cena con i neoborbonici, dice che per il Nord e il Sud non ci può essere la stessa ricetta economica. Il Nord deve competere con l’Europa e il mondo, il Sud deve competere per avvicinare il Nord. Purtroppo 150 anni dimostrano che i piani "speciali" per il Sud sono sempre stati forme tardive (e inefficaci) di riparazione per tacitare la coscienza: se i buoi sono usciti dalla stalla, inutile riparare la porta. Non andavano fatte politiche nazionali che danneggiassero il Sud, questa la verità. E dall’Unità in poi è sempre andata così, come ammettono ora anche molti storici con la puzza al naso. Un esempio a caso, la" svalutazione competitiva" della lira: se ne teneva giù il valore per favorire le esportazioni a basso prezzo. Una manna per gli industriali del Nord, una iattura per la gente del Sud che con quella lira svalutata si impoveriva.
Il problema è trovare il punto di svolta per il Sud. E’ innescare la scintilla della ripartenza, come se fosse il Bari di Ventura. Ricordando sempre come sia imbarazzante rispondere a chi obietta a modo suo sconcertato: ma state ancora lì, nonostante tutti i soldi che vi abbiamo dato? Tutti gli Istat, le Svimez, le relazioni storiche dello stesso ministero di Tremonti dimostrano che questi soldi non sono mai stati in aggiunta al normale. E che, di riffa o di raffa, al Nord ne è stato dirottato il grosso. Gli hanno creato un mercato comodo, protetto, garantito per i suoi prodotti. E hanno addomesticato il consenso politico per continuare così. Ma vai a scalfire il pregiudizio.
Mezzo Paese non sopporta l’altro mezzo, altro che " senso d'identità nazionale".

Ma dovrebbe essere il Sud a cominciare a dire cosa gli serve. Cominciare a dire che non vuole più uno statalismo senza Stato come finora: vi mando i soldi (un inganno) ma non vi faccio le strade, non vi do i treni puliti e veloci, non vi combatto la criminalità, non vi alleggerisco la burocrazia, non vi commissario i sindaci che trascurano la raccolta differenziata dei rifiuti. Basta che consumiate. Lo statalismo senza Stato è la peggiore istigazione per la cattiva amministrazione al Sud.
Ora pare che l’ennesimo "Piano per il Sud" preveda le grandi opere: ma sono le stesse attese da una vita. Con pochi progetti ma ponderosi e interregionali. Va bene. Ricordando, per dovere igienico, che la Salerno-Reggio Calabria è ancora lì perché, chiuso un cantiere, mancano sempre i fondi per l’altro. E ricordando che la prima scintilla può venire dalla detassazione degli investimenti al Sud, sempre sventolata ma mai contrattata seriamente a Bruxelles. Ma se anche questo santo e questa festa passeranno, resteranno gli indici puntati sulla vergogna del Sud. Dimenticando che senza Sud non cresce l’Italia. E che allora davvero il federalismo trionferà: ciascuno si tiene il suo, tranne voti e consumi del Sud. Alla faccia dell’Italia unita.


Fonte:La Gazzetta del Mezzogiorno