giovedì 28 ottobre 2010

Dopo i fondi Fas anche gli Incentivi 488 spostati da Sud a Nord


Dopo i fondi Fas anche gli Incentivi 488 spostati da Sud a Nord
Di Valerio Rizzo

ROMA – Ancora non sono finite le polemiche per i famosi fondi Fas, i fondi europei per lo sviluppo del Mezzogiorno, che il governo ha spostato da sud a nord per finanziare grandi opere ed aziende settentrionali e addirittura per pagare le multe sulle quote latte degli allevatori veneti.


Ma ecco che scoppia un nuovo caso: stiamo parlando dei cosiddetti “incentivi 488” chiamati così poiché prendono il nome dalla legge che li ha generati.
Tali aiuti economici furono rinnovati dal Governo Prodi, nel 2008, che introdusse anche un controllo governativo sulla spesa.
Questi fondi, destinati al Sud, per un totale di 150 milioni, dovevano servire per sviluppare e incentivare l’industria meridionale, e invece hanno preso tutt’altra direzione!
Il governo ha deciso di destinarli non solo all’industria del Nord, ma anche per il finanziamento dell’industria bellica degli armamenti.
Le regioni che riceveranno questo “regalo” sono la Lombardia e il Veneto.
Ma cosa è successo? Il 4 maggio del 2010, il giorno in cui il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, aveva lasciato il suo incarico a causa dello scandalo sulla casa al Colosseo, firmò anche di fretta e furia tale decreto che poi fu regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 17 settembre scorso.
Perché sottrarre questi fondi che erano stati destinati allo sviluppo del Mezzogiorno?
Pino Aprile nel suo libro “Terroni” parla continuamente di fondi e investimenti che da 150 anni vengono dirottati nelle regioni del Centro-Nord a discapito del Sud; l’interrogativo è: siamo sicuri che convenga alla “Padania” separarsi dal resto del Paese?

Fonte:Infooggi

Sono indignato !!

Oggi a Montelepre viene riesumata dopo 60 anni la salma del bandito Salvatore Giuliano,
il cimitero e interdetto a tutti tranne che ai magistrati ,medici,periti,tecnici del dna,familiari (ammesso che ne esistano ancora !)uomini di scorta,giornalisti televisivi e della carta stampata.......perchè si vuole indagare se il corpo del celebre bandito sia veramente il suo.. sigh ! boh ! Nel caso la ricerca confermasse o smentisse la proprietà delle ossa,mi chiedo : che cazzata e questa ? Perchè si perde tempo e denaro che non porta nessun aiuto ai cittadini che aspettano risposte ai loro problemi proprio dalle autorità che oggi sono impegnati ad emulare i famosi telefilms Cold Case,Bones,CSI etc...poveri noi !!!!!!

La storia può essere manipolata ma la verità no!!

martedì 26 ottobre 2010

Lettera al Nord

Quel Nord che ha educato i Meridionali alla mediocrità !

Di Pino Aprile
Giornalista, autore di Terroni (Piemme editore)

"Ma le sembra il momento di raccontarlo?", mi ha chiesto, in un dibattito alla radio, uno dei nostri maggiori storici, a proposito del mio Terroni, tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali. Mi son cascate le braccia e ho risposto: «Sono passati 150 anni, professore, e ancora non avete trovato il momento giusto per dirci come sono andate davvero le cose? Le nostre cose. Ho fatto elementari, medie, superiori, ho cambiato tre facoltà universitarie (abbandonate per il giornalismo): avessi trovato un rigo sulle stragi compiute al Sud dai piemontesi per unificare l'Italia. Stupri, torture, esecuzioni e incarcerazioni di massa; il saccheggio delle risorse del Regno delle Due Sicilie, la chiusura, persino a mano armata e sparando sugli operai, delle aziende, fra cui i più grandi stabilimenti siderurgici del tempo in Calabria, a Mongiana, o le più grandi officine meccaniche a Pietrarsa (Napoli), studiate da tutti i paesi industrializzati contemporanei. Venne distrutta un'economia che stava costruendosi un futuro ed ebbe solo un passato». Mi è stato anche detto che il sorprendente successo di Terroni sta generando un movimento di popolo, una sorta di leghismo del Sud, simmetrico e opposto a quello di Bossi e complici. Ma è una immeritata sopravvalutazione del libro, il cui risultato è conseguenza, non causa, di sentimenti e risentimenti ormai diffusi e in crescita al Sud. Ripeto: ci sono libri che cambiano la gente e la storia, ma Terroni non è fra questi. Mio padre non si chiamava Giuseppe e non faceva il falegname e io sono nato di febbraio. E pur avendo portato la barba per anni, sono mai stato a Treviri. Salviamo almeno le proporzioni, cercando però di non esagerare all'incontrario. «Lei non è uno storico», mi è stato rimproverato. Appunto, sono giornalista, pratico la professione che consiste nell'entrare negli argomenti con curiosità e tecniche di divulgazione. Vale per la cronaca, l'economia, lo sport, la politica, e persino (può capitare, bisogna farsene una ragione) la storia. Insomma, se ci hanno detto che il Sud, al momento dell'Unità, era povero, arretrato e oppresso e scopro che non era vera nessuna delle tre cose, lo dico o no? Lo dico. E arrivo pure buon ultimo. Non era povero, e ce lo avevano spiegato giganti del meridionalismo, da Giustino Fortunato (alla fine, disse che si stava meglio con i Borbone), a Francesco Saverio Nitti (da presidente del Consiglio, scoprì che quando si fece cassa comune, i due terzi dei soldi all'Italia unita li aveva portati il Sud, e il resto d'Italia messo insieme provvide all'altro terzo), ad Antonio Gramsci. E lo ha ora dimostrato il Cnr, con lo studio sulla ricchezza prodotta, regione per regione, anno per anno, dal 1861 al 2004. Non c'era differenza fra Nord e Sud e ci vollero ottant'anni di discriminazione e rapina per concentrare nel meridione tutta la povertà del paese. Ma, pur nella ferocia dei tempi, la distribuzione di quella pari ricchezza era tale che mentre dal Nord si emigrava a milioni, dal Mezzogiorno no. In millenni la gente cominciò ad andar via dal Sud solo dopo l'Unità e la creazione di quella che poi fu chiamata Questione meridionale. Prima il sud era sempre stato terra di immigrazione, in cui erano arrivati popoli da ogni dove. E non era arretrato. Si usa ricordare che mentre Piemonte e Lombardia avevano una vasta rete ferroviaria, il Sud, che pure era stato il primo a far viaggiare i treni, era rimasto indietro. Un confronto disonesto: se quelle regioni del Nord non hanno sbocco sul mare, il Regno delle Due Sicilie, con migliaia di chilometri di coste, aveva programmato decenni prima lo sviluppo dei commerci via mare, dotandosi della seconda flotta commerciale del continente; Napoli era la terza capitale europea, partoriva brevetti e nuove discipline (vulcanologia, archeologia, economia politica...). Se ricordi queste cose, ti rimproverano di essere nostalgico borbonico (non è; ma anche fosse?), monarchico (boom! Nemmeno se sul trono ci fossi io!), e di descrivere quel Sud bello e perduto come un Eden (il solito Galli Della Loggia, ma non solo), mentre c'erano i cafoni, le plebi. Vero, come nelle contemporanee Parigi dei Miserabili di Hugo e Londra di Dickens. E se le altrui eccellenze fanno dimenticare le plebi, le plebi meridionali cancellano le eccellenze. Quanto all'essere oppressi (in quel Sud tomba di Pisacane, fratelli Bandiera e oppositori indigeni), Lorenzo Del Boca rammenta che a giustiziare il maggior numero di patrioti italiani non fu l'Austria, ma il Piemonte. Ai meridionali, la liberazione per mano savoiarda costò centinaia di migliaia di morti (Civiltà Cattolica scrisse: un milione), con paesi rasi al suolo e la gente bruciata viva nelle case, dopo il saccheggio e gli stupri. Tutti «briganti»! Cominciò allora quella «educazione alla minorità» che indusse i meridionali ad accettare un ruolo subordinato e certi settentrionali a ritenersi italiani meglio riusciti, con più diritti. Ma se mi dicono che il paese fu unito da mille idealisti nordici che liberarono «quelli là», tuttora fannulloni e delinquenti, nonostante ci si sveni per loro da 150 anni, ti meravigli se non li sopporto più e divento leghista? E se sono pure razzista e li chiamo «porci» (Bossi), «topi da derattizzare» (Calderoli, come Goebbels), «merdacce mediterranee» (Borghezio), «cancro» (Brunetta). Sconfitta la Germania di Hitler, fu indetta una conferenza stampa per comunicare la fine del nazismo e la liberazione dell'Europa. «Un passo avanti per la civiltà?», chiese un giornalista. «Cosa? Civiltà? Bella idea, qualcuno dovrebbe cominciare», fu la risposta. Cosa? Unità d'Italia? Bella idea, qualcuno dovrebbe cominciare. Almeno dopo 150 anni, visto che è stato fatto un Paese disunito: in una sua parte fornito di infrastrutture, autostrade, treni ad alta velocità; e in un'altra ci sono oggi mille chilometri di ferrovia in meno rispetto a prima della seconda guerra mondiale. Matera, capoluogo di provincia, aspetta ancora «la vaporiera» delle Fs, e l'alternativa a mulattiere asfaltate è la Salerno-Reggio Calabria.

lunedì 25 ottobre 2010

Non è vero che il Sud soffrisse di raffreddore

di LINO PATRUNO

Non ci vogliono stare. La famosa questione del divario economico fra Nord e Sud. E la annosa polemica sulle condizioni del Sud al momento dell’Unità d’Italia. Se era più arretrato come gli storici ufficiali si affannano a ripetere infastiditi. O se il divario è stato un dono del nuovo Regno la cui retorica non deve essere disturbata da simili questioncelle. Non serve una nuova guerra santa in questo Paese che ne ha una al giorno, e proprio mentre squillano i festeggiamenti dei 150 anni. E non occorrerebbe neanche tirar fuori le unghie se il Sud non sospettasse di essere, come si dice, «cornuto e mazziato»: sempre bacchettato per la sua arretratezza, lacerato dai sensi di colpa e poi magari scoprire che è stato solo vittima e non colpevole.

Chiedendo subito scusa per quel «vittima» che richiama il «vittimismo» meridionale, non se ne può più. All’ingrosso la tesi della maggior parte degli storici accademici è che il Regno delle Due Sicilie fosse tutt’altro che il paradiso di cui qualcuno ciancia (non si sa chi, anche perché è difficile che ci fossero paradisi a quei tempi). Sarebbe stato anzi in spaventose condizioni economiche e sociali, popolato più o meno da beduini col cammello, retaggio di secolari dominazioni che ne avevano prosciugato le risorse. E se alcuni suoi vantati primati c’erano, erano solo fumo negli occhi: tipo la prima ferrovia della penisola, la Napoli-Portici, subito bollata come un lusso privato di re Franceschiello per andare alla sua villa al mare. Irrilevante, per gli altezzosi critici, che i due terzi della ricchezza monetaria del nuovo Stato provenissero dal Sud: grazie, perché aveva i soldi e non li spendeva. Qualcosa di simile, ma guarda, a ciò che si dice ancora oggi.

Poi qualcuno è andato a vedere le carte, cominciando ad accorgersi che questo divario forse forse non c’era. Anzi, se vogliamo dirla tutta, ma ci si scusi la sfrontataggine, che nel 1861 il Sud era più ricco del Nord. E che se poi si è ridotto come oggi, bisognerebbe spulciare tutta la politica economica da allora in poi, a parte ciò che i vincitori sottrassero ai vinti come si fa in ogni sana guerra, figuriamoci se guerra civile. Cominciò il meridionalista e capo del governo Francesco Saverio Nitti nel 1900 (ricerca ora ripubblicata a Bari dai professori Nicola d’Amati e Caterina Coco). Hanno continuato ai nostri giorni studiosi come lo storico dell’economia Luigi De Rosa, o Piero Bevilacqua, o l’altra barese Enrica Di Ciommo, o Giordano Bruno Guerri.

E udite udite, è ancora viva l’eco di queste parole: «L’unificazione ha annichilito la società meridionale e di riflesso e conseguenza ha interrotto il suo processo di sviluppo». Magari qualche solito neoborbonico, se non fosse, come è, addirittura il ministro Tremonti, fra l’altro valtellinese doc, mica basso irpino. Sulla stessa linea un altro ministro, il veneziano Brunetta, nel suo ultimo libro. Inoltre. Sorpresa per i risultati dell’indagine dei professori Daniele e Malanima per conto del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche): anche loro in controtendenza rispetto alle verità finora spiattellate. Finché, nel luglio scorso, ci si è messa anche la Banca d’Italia con i professori Carlo Ciccarelli e Stefano Fenoaltea della Sapienza di Roma: l’arretratezza industriale del Sud non è stata un’eredità dell’Italia pre-unitaria ma è nata dopo.

Sembra una congiura revisionista. Ovvio che si scatenino i nervosi distinguo: magari il Sud aveva le fabbriche ma soffriva di raffreddore, la qualità della vita deve pur contare qualcosa. E via filosofando. Non ci vogliono stare. Non è solo storia, è carne viva. Un divario anche figlio della decisione di concentrare al Nord lo sviluppo, di contare sul Sud come grande serbatoio della manodopera a basso prezzo (l’emigrazione), di attivare lo Stato come grande mediatore ed elemosiniere ogni volta che al Sud le cose precipitavano.

In due parole: lo sviluppo del Nord fondato sul sottosviluppo del Sud. Fatto questo per 150 anni, ora s’inventano il federalismo: blocchiamo la situazione al momento, ciascuno si tenga il suo (anche se frutto di ricettazione) e si governi da sé. E il Sud cerchi di farlo bene, visto che deve prendersela con i suoi dirigenti se sta come sta. La storia? Per carità, siete dei piagnoni. Governarsi da sé si può. Ma dopo la restituzione del malloppo.

Negare la storia significa anche negare il diritto alla riparazione. Ora il federalismo lo chiamino anche equo e solidale. Però neanche dei Superman potranno rilanciare un Sud che parte col quaranta per cento in meno di ricchezza. E cominciando anche a capire perché. Festeggiamo con tutto l’orgoglio possibile l’unità del Paese e quel sortilegio ideale che la rese possibile. Ma non può essere unita una famiglia con figli e figliastri. Ora che il Sud lo sa, alzi il ditino. Oppure continui ad accontentarsi, ma per sempre, degli avanzi. Federali.

Fonte:La Gazzetta del Mezzogiorno del 22/10/2010

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giovedì 21 ottobre 2010

Il documento della Conferenza Episcopale Italiana sulla QUESTIONE MERIDIONALE, dal titolo “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”

INTRODUZIONE

1-“La Chiesa in Italia e la questione meridionale”

La Chiesa afferma che intende intervenire,in modo diretto e chiaro, nel dibattito in corso sulla questione meridionale, che coinvolge tutti.

Il concetto centrale, che viene ribadito, è che la QUESTIONE MERIDIONALE CONTINUA A PERSISTERE.

Nevralgica è la partita sul federalismo.

Più in generale, bisogna fare i conti con un PLURALISMO etico e culturale, accelerato dalla globalizzazione, a partire dal fenomeno epocale dell’immigrazione.

Viene riaffermato il principio cardine della SOLIDARIETA’ NAZIONALE.

Le Regioni del Sud hanno storicamente contribuito allo sviluppo del Nord.

La Chiesa rivolge un appello alla volontà di AUTONOMIA e di riscatto del Sud, perché sappia contare , al massimo, anche sulle sue forze.

2 e 3- “Guardare con amore al Mezzogiorno” e “L’eucarestia: fonte e culmine della nostra condivisione

I mutamenti globali rischiano di ISOLARE e EMARGINARE il Sud.

Lo SVILUPPO dei popoli è soprattutto “PENSARE INSIEME”. Un pensiero solidale. Un amore intelligente e solidale ,“ perché nessuno, proprio nessuno nel Sud deve vivere senza SPERANZA”.

La parola- chiave , religiosa e civile, è CONDIVISIONE. Condivisione eucaristica, sotto il profilo religioso. Condivisione di destini, progetti e speranza, sotto il profilo civile. Condivisione articolata in tre momenti: osservazione e analisi,progetto,responsabilità operativa e attuativa.

I-“ IL MEZZOGIORNO ALLE PRESE CON VECCHIE E NUOVE EMERGENZE”

1-“ Che cosa è cambiato in venti anni”

Vi sono stati 6 mutamenti: la geografia politica con nuovi partiti;l’elezione diretta dei rappresentanti nelle istituzioni;la fine dell’economia pubblica e dell’intervento straordinario;cambiato il rapporto tra Sud e Mediterraneo;la globalizzazione;l’allargamento ad Est della Unione Europea.

5-“Uno sviluppo bloccato”. Per 6 motivi.

-Le politiche regionali di sviluppo sono risultate problematiche,con luci e ombre,controverse da valutare.

-Il metodo delle elezioni dirette non è stato risolutivo.

-E’ esplosa la questione ecologica e delle ecomafie.

-La globalizzazione ha indotto maggiori e aspri livelli di competitività.

-La grande crisi globale del 2007-2010 rischia di emarginare definitivamente il Sud.

“Il complesso panorama politico ed economico nazionale e internazionale − aggravato da una crisi che non si lascia facilmente descrivere e circoscrivere − ha fatto crescere l’egoismo, individuale e corporativo, un po’ in tutta l’Italia, con il rischio di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse, trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo”.

6-“Modernità e modernizzazione”

-Nel Sud vi è stata una MODERNIZZAZIONE CONTRADDITTORIA e incompiuta, “una modernizzazione senza modernità”.Vi è stata la distruzione della CIVILTA’ CONTADINA, senza una evoluzione ragionevole.

-Persiste il retaggio di particolarismo familista,fatalismo,violenza, cui si aggiungono individualismo e nichilismo.

-La condizione femminile registra difetti e distorsioni, sebbene le donne rappresentino un patrimonio di civiltà del Sud,per cui il Sud resta debitore nei confronti delle sue donne.

7- “Europa e Mediterraneo”

-La globalizzazione comporta, per il Sud, opportunità e rischi, da governare. Il Sud è carente nella capacità progettuale e nelle performances attuative e gestionali dei progetti di sviluppo. Anche per la debolezza del tessuto sociale.

-La novità consiste nella rinnovata CENTRALITA’ DEL SUD NEL MEDITERRANEO. Il Mediterraneo è la vera e propria OPZIONE STRATEGICA del Sud.

Sul versante dell’immigrazione,il Sud , nel Mediterraneo, è il grande laboratorio della “ cittadinanza aperta”.

8-“ Per un federalismo solidale”

-Occorre coniugare SUSSIDIARIETA’ ( responsabilità, autonomia) e SOLIDARIETA’, per combattere l’egoismo sociale ( del Nord), da una parte, e l’assistenzialismo ( del Sud), dall’altra. Necessita un federalismo vero,solidale,realistico e unitario. Il federalismo fiscale, di per sè, anche con una buona attuazione, non è sufficiente e potrebbe aggravare le fratture tra Nord e Sud.

-Lo Stato centrale deve impegnarsi fattivamente sul fronte delle infrastrutture, della lotta alle mafie e per l’integrazione sociale.

-Vanno assicurati eguali diritti di cittadinanza,contro il rischio di cittadinanze differenziate per collocazione territoriale.

9. “Una piaga profonda : la criminalità organizzata”

-Le mafie mettono in crisi l’intero sistema democratico del Paese,contaminano negativamente l’intera Italia,sono un problema di portata generale, perché hanno messo radici in tutta Italia, sono una questione nazionale.

-Le mafie sono “male “ e “ peccato”,sono “ strutture del peccato” ( il “ peccato mafia”),e, quindi, sono da fronteggiare e sradicare, in modo radicale e frontale.

10- “Povertà,disoccupazione,emigrazione”

-Il Sud risulta- negli anni- più povero e disoccupato, soprattutto sul fronte giovanile.

-Il fenomeno nuovo, più inquietante,è costituito dai nuovi migranti meridionali, prevalentemente giovani altamente e mediamente secolarizzati.

II- “ PER COLTIVARE LA SPERANZA”

11-12-13-14-15-16-17-18-19-20 - “ Un nuovo protagonismo della società civile e della comunità ecclesiale”

-Si deve poter liberare un nuovo protagonismo della società civile e della comunità ecclesiale, in primo luogo, tra i giovani,tramite un associazionismo propulsivo.

-Vi è bisogno della mobilitazione di una NUOVA GENERAZIONE DI POLITICI.

-La società civile e la comunità ecclesiale, pur a fronte di un Sud parzialmente differenziato,devono produrre un IMPEGNO UNITARIO,perché la QUESTIONE MERIDIONALE E’ UNITARIA.In particolare le 8 regioni del Sud devono COORDINARSI TRA LORO e agire unitariamente.

-Il Sud ha grandi risorse da valorizzare.

-Le risorse della RECIPROCITA’ e la cura per l’EDUCAZIONE.

-Il ruolo propulsivo e attivo delle Comunità cristiane: “ il bene vince”,

“il cambiamento è possibile”.

-Vi è bisogno di CONDIVISIONE ECCLESIALE e reciprocità tra TUTTE le Chiese d’Italia.

-Al primo posto le sfide culturali,per la cultura del BENE COMUNE.

-Dispiegare un impegno per il CAMBIAMENTO.

-Investire in LEGALITA’ e FIDUCIA. Rilanciare l’umanesimo cristiano.

-La priorità è la SFIDA EDUCATIVA. Anche con SCUOLE DI FORMAZIONE POLITICA. Innanzitutto,imitare i testimoni : Don Pino Puglisi,don Peppe Diana,Rosario Livatino. Insomma, PANE e VANGELO.

-L’invito è al coraggio e alla speranza. Un appello: “IL CORAGGIO DELLA SPERANZA”. No alla rassegnazione. “LA TRASFORMAZIONE E’ POSSIBILE”.

venerdì 15 ottobre 2010

Orgoglio ritrovato ?


Tre film sul sud 'buono' in un anno e una nuova questione meridionale investe l'Italia
FLAVIA AMABILE


Non è una notizia il fatto che in questo 2010 siano usciti nelle sale cinematografiche tre film sul sud. La notizia è che due di questi sono stati fra i più grandi successi italiani dell'anno. Il primo (Basilicata coast to coast) ha battuto la scorsa primavera il kolossal Avatar ai botteghini e ricevuto premi su premi. Il secondo (Benvenuti al sud) è appena uscito ed è già ai primi posti in classifica. Il terzo deve ancora arrivare nelle sale, dunque si vedrà.

Che cosa succede? Il sud è di moda? E chi va a vedere film in cui il sud non è né mafia, né camorra né pizza o mandolini, ma semplicemente il sud? E chi riempie le sale in un Paese in cui non parlare male del sud è ormai politicamente scorretto?

I meridionali, ovvio. Quelli che vivono ancora da Napoli in giù e quelli che sono andati altrove. Ma i numeri lasciano intuire anche qualcos'altro. Che questi film piacciano anche ad un altro nord, un nord che non ne può più della Lega e di un'arroganza che vede ladri ovunque per non vedere i propri.

Una nuova 'questione meridionale' sta nascendo. E' la voglia di dire 'basta' di fronte ad una campagna di denigrazione costante, ripetuta, che arriva da una parte del governo. E' un orgoglio che sta montando. Trova sfogo nei gruppi su Facebook e nei siti in rete. Tolti quelli calcistici, i siti di orgoglio meridionale - nel senso di orgoglio per l'appartenenza ad una terra umiliata e offesa - sono moltissimi. Inesistenti quelli del nord.

Appare sulle t-shirt che esaltano l'orgoglio terrone e i meridionali al 100%. Si porta dietro una domanda a cui fiora nessuno ha avuto il coraggio di rispondere. Com'è possibile che l'Italia che si è scandalizza dei cori razzisti contro Balotelli negli stadi non abbia mai fatto una piega per quelli contro i napoletani che da anni vengono cantati dalle curve degli Ultras?

Forse, è giunto il momento di tirare su la testa e non lasciarsi più umiliare.

Fonte:La Stampa del 12/10/2010

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