giovedì 19 marzo 2009


giovedì 19 marzo 2009
Dove va l’Italia? Intervista a Edward Luttwak.


Edward Luttwak è membro del CSIS Center for Strategic and International Studies di Washington (vedasi anche la critica al report del CSIS: Italy times 2), politologo esperto di problemi italiani. In questa intervista vengono trattati alcuni aspetti che riguardano il sud Italia. La posizione di Luttwak è particolarmente interessante, ed in alcuni versi addirittura controcorrente. Certamente la sua posizione sembra differire notevolmente da quella del report del CSIS citato.

L’intervista copre diversi aspetti della realtà italiana, secondo Luttwak. Si parte da Maastricht e si continua con: Ulivo, Polo, Rifondazione, Centro, Secessione, Giustizia, Riforme, Economia, Nord e Sud, Turbocapitalismo, Politica estera, Difesa, Immigrazione, Chiesa, Mafia, Cultura, Egoismo, Edonismo, per finire con: Italia e USA. Si riportano di seguito alcuni brani dell’intervista riguardanti il Sud Italia:

Dal Capitolo “Secessione”:

[...]

Perelli In caso di decentramento, o al peggio di separazione, che ne sarebbe del Sud? Verrebbe sempre piú abbandonato o, potendo produrre a piú bassi costi, rifiorirebbe?

Luttwak È evidente che il sistema Italia, negli ultimi 50 anni, ha favorito il Nord molto piú del Sud. Regalando un mercato protetto, quello appunto meridionale, dove si possono vendere macchinette scassate a alto prezzo. È vero che lo Stato ha anche assicurato massicci trasferimenti di soldi dal Nord al Sud, ma quando l’oro estratto al Nord viene filtrato attraverso una rete politica di clientele ciò che arriva a destinazione è soltanto acido corrosivo, peggio fango: perché anziché favorire lo sviluppo provoca un ulteriore deperimento.
Un meccanismo malefico che ha scoraggiato gli imprenditori meridionali dall’assumere rischi, e li ha trasformati in clientes, collettori di quei fondi settentrionali che in cambio di consenso politico Roma smistava al Sud.
Quindi è logico pensare che se il Sud venisse lasciato a sé stesso, e per sopravvivere fosse quindi obbligato a sfruttare le proprie risorse, le cose per i meridionali andrebbero molto meglio.
Sono convinto che un Sud indipendente, abbandonato dalla Padania, riuscirebbe a camminare bene con le sue gambe. Progredirebbe anzi molto piú del Nord.

Perrelli E che succederebbe del debito pubblico nazionale? Sono due milioni di miliardi. Una montagna di soldi. Verrebbe equamente diviso tra Nord e Sud?
Non sorgerebbero altre controversie?

Luttwak Il debito pubblico è liquidabile con grande facilità. Si può eliminarlo direttamente con l’inflazione, come ha fatto la Russia federale con quello sovietico. SI possono stangare i Bot, diminuendone ulteriormente il valore effettivo. I sistemi possono essere vari. È solo questione di fantasia.

Perrelli E i mercati internazionali assisterebbero imperturbabili allo scollamento?

Luttwak Conoscendo la psicologia degli operatori internazionali, si sprecherebbero le interpretazioni ironiche. Si parlerebbe di spirito di da operetta. Ma, al fondo, l’enfasi dei discorsi cadrebbe sulle continuità.
Sulla certezza che la proprietà sarebbe salvaguardata.
Dopotutto l’Italia è forse l’unico paese in Europa che non ha mai conosciuto rivoluzioni, dove ancora molta gente nasce, vive e muore nella stessa città, se non addirittura nella stessa casa degli antenati. Certo, come avviene in tutti i cambiamenti, ci sarebbe uno scotto da pagare. Ma non sarebbe troppo alto.
Se si pensa che negli ultimi anni, prima di Romano Prodi, l’Italia non ha avuto governi democratici ma tecnocratici, eppure la lira si è svalutata solo del 10-15 per cento per poi tornare rapidamente in quota, appare chiaro che nessun avvenimento politico che vi riguarda è giudicato con gravità dai mercati internazionali.

Perrelli Non è bizzarro che tutto questo terremoto sia stato provocato da un movimento culturalmente rozzo come la Lega? Non è singolare che il Nord evoluto e superindustrializzato non abbia mai saputo dotarsi di una leadership politica affidabile, in grado di rappresentare autorevolmente gli interessi del decentramento?

Luttwak Gli imprenditori italiani non sono mai diventati una élite politica perché non avevano sufficienti incentivi. Si accontentavano di sfruttare le debolezze dello Stato, evadendo il fisco ed eludendo tutti i controllo — tipo la normativa anti-trust, le leggi in difesa dei consumatori — a cui dovevano sottoporsi i loro concorrenti europei. Un orizzonte di piccolo cabotaggio, che garantiva però una vita prospera e tranquilla. Ma che ha impedito agli industriali di far proprio il messaggio di Einaudi e di assumere la guida del Nord Italia.

Perrelli Negli Stati Uniti come è considerata la prospettiva della secessione?

Luttwak La manifestazione di Venezia e l’occupazione del campanile di San Marco hanno creato abbastanza rumore da essere seguite da quasi tutti i media americani, notoriamente disattenti sulle vicende italiane.
Basti pensare che alla visita di Prodi a Washington i giornali non hanno dedicato una riga. Ma la copertura ha messo in evidenza piú che altro gli aspetti folcloristici.
Si è capito perfettamente che non sarà Bossi a mettere in crisi l’unità d’Italia. Perché preferisce anteporre sé stesso alle sue idee. La Lega, sotto la sua guida, continuerà a scivolare. E lui sarà costretto a ritirarsi come Garibaldi.
Ma se il governo non decentra sorgeranno altre Leghe meno ridicole del Governo Serenissimo. Il federalismo è una bandiera che non può essere ammainata.

Dal Capitolo “Nord e Sud”:

Perrelli Il Nord è otto volte piú ricco del Sud. Al di là dei dibattiti sul federalismo e delle sue virtú terapeutiche a lungo raggio, cosa si può fare al momento per ridurre queste abissali distanze?

Luttwak Sul concetto di Sud bisogna intendersi. Conosco molti italiani che sono stati in mezzo mondo e non si sono mai spinti in Sicilia e Calabria. Uno dei luoghi comuni piú classici, quando si parla della Sicilia, è di chiamare in causa la lupara. Se chiedi cos’è mai questa lupara, la risposta è: un fucile per cacciare i lupi. Invece la lupara è una munizione. Ma non lo sa nessuno. E a nessuno interessa neanche saperlo. E poi, cosa si intende per Sicilia della lupara?
Quella orientale è ben differente da quella occidentale.
Con queste generalizzazioni, il concetto di Sud è diventato un’astrazione che non tiene assolutamente conto della realtà. Ci sono zone in Puglia, per esempio, che come capacità produttiva e livello di reddito competono con le aree del Nord.
E allora? Un fatto è assodato. La Sicilia, la Calabria, la Campania e la Lucania sono le regioni italiane che hanno ricevuto il massimo dei sussidi statali e che quindi hanno patito di piú le degenerazioni del sistema politico.
L’aver creato artificiosamente leggi di impiego e norme per la tutela del lavoro ha condannato queste aree alla disoccupazione. Perché impiantare una fabbrica in Calabria, una zona cosí periferica rispetto al baricentro economico del paese, ha costi di trasporto esorbitanti. Per rendere la fabbrica competitiva, bisognerebbe abbassare i salari dei dipendenti. L’avere per legge fissato, invece, un minimo salariale uniforme in tutto il paese è stata la dannazione del Sud.
E l’ironia è che chi si è battuto per questo salario uniforme passa per difensore dei lavoratori. Il primo provvedimento da prendere era quello di adeguare le paghe alle reali condizioni economiche di ciascuna zona. Sarebbe bastata quasta misura per far decollare la competività.

Perrelli Il governo ha già fissato condizioni di flessibilità per i livelli dei compensi e per la durata dei contratti nelle aree piú disagiate. Imoltre ha deciso di creare per decreto 100mila posti di lavoro per i giovani attraverso contratti di apprendistato e di formazione.

Luttwak Creare posti di lavoro per decreto è solo una forma di assistenzialismo mascherato. Si ricade nel vecchio vizio dello statalismo italiano. Per amor di boutade, si potrebbe dire che la Usl di Caltanissetta, provincia che detiene il record nazionale della disoccupazione giovanile, è l’istituzione piú costosa del mondo insieme con il Louvre e il Pentagono. L’introduzione della flessibilità è invece un provvedimento tardivo, ma sacrosanto. Sarà anche una banalità, ma è meglio lavorare anche solo un poco che rimanere disoccupati. Il salario unico, per un paese vario come l’Italia, è un meccanismo artificiale troppo rigido. Una dichiarazione di guerra contro i giovani, che sopravvivono con il piatto di minestra allungato dalla famiglia ma non trovano sistemazioni. UN giovane scapolo che risiede in un paesino del Sud ha bisogno per vivere di molti meno soldi di un suo collega piú anziano che a Milano deve mantenere moglie e figli. Il primo campa benissimo con due milioni al mese, il secondo con quella cifra muore di fame. Ignorare questa enorme differenza è solo un gioco malvagio. Rifiutare i bassi salari in nome di un’astratta equità significa solo condannare i giovani alla disoccupazione.

[...]

Perrelli Ma il numero dei ricchi al Nord è enormemente superiore. E questo squilibrio determina il fiorire di contrapposti egoismi. Il Nord si lagna perché non gli va di mantenere il Sud pagando molte tasse. Il Sud si lamenta perché è costretto a vivere di puro assistenzialismo. Chi ha ragione?

Luttwak Hanno ragione tutti. Il meccanismo perverso dell’assistenzialismo ha messo in difficoltà gli uni e gli altri. Quando un lombardo doveva versare 50 lire di tasse, Roma gliele dirottava subito al Sud, barattando il sostegno alle aree depresse col consenso politico. A volte di quelle 50 lire ne arrivavano a destinazione solo 20. E comunque in una maniera cosí distorta da impedire all’imprenditore di fare il suo mestiere. L’unico a trarne un tornaconto era il politico che gestiva il passaggio.

[...]

Perrelli C’è una corrente della cultura italiana, il meridionalismo, che ha prodotto fior di dibattiti accademici. È mai possibile che tutti queti intellettuali non abbiano mai partorito un’idea valida?

Luttwak La riforma piú importante e piú originale attuata in Italia è stata quella fiscale in Lombardia, alla fine del VIII secolo. Nel Settecento la Lombardia aveva conosciuto un rapido declino a causa dei pesanti balzelli imposti dal sistema spagnolo. Rimaneva in piedi un po’ di industria, ma l’agricoltura era stata messa in ginocchio, le terre venivano sempre piú abbandonate. Caduto il governo spagnolo, i francesi hanno ingaggiato un gruppo di intellettuali napoletani per rimettere le cose a posto. E sono stati questi napoletani di grande ingegno a fare una riforma patrimoniale che nella sua semplicità era a dir poco geniale. Ogni cittadino doveva pagare le tasse solo sul valore della sua proprietà. Se avevi un pezzo di terra pagavi un tot. Se poi ne miglioravi la coltivabilità, investendo in nuovi sistemi di irrigazione, pagavi sempre la stessa tassa. Lo Stato non veniva a chiederti quanti chili di grano in piú avevi prodotto. Quindi c’era un grande incentivo a investire e produrre. E questo portò all’accumulazione di capitali che rese possibile la nascita di una grande industria. Pose insomma le premesse per la prosperità della Milano di oggi. Quato dimostra che l’ingegno meridionale ha avuto felici applicazioni fuori dal Sud. Ma lo Stato non ha mai permesso che trovasse sbocchi in casa propria. Le idee rimanevano frasi sterili. Lo Stato non aveva alcun interesse a valorizzarle, perché il progresso avrebbe distrutto la rete del clientelismo e gli avrebbe quindi impedito di controllare il territorio. Un vero impernditore non ha mai bisogno della protezione politica. Vuole solo un’amministrazione pulita ed efficiente.

Perrelli Ma perché allora i fallimenti vengono imputati anche alla presunta pigrizia delle popolazioni meridionali?

Luttwak Stupidaggini. Personalmente mi sento legatissimo al Sud da tre ordini di ragioni. La prima è che a livello turistico trovo il Sud molto piú interessante del Nord. Poi c’è una causa sentimentale. Palermo è la città dove i miei genitori decisero di trasferirsi nel dopoguerra. Appartenevano all’alta borghesia europea, avevano grandi mezzi, e potevano scegliere. Optarono per Palermo perché in quegli anni — e mi rendo conto che oggi sarebbe inimmaginabile — Palermo era una città che poteva attrarre gente colta e facoltosa. Era una delle mete della grande borghesia: come Taormina, Venezia, la Costa Azzurra. Deauville nei mesi piú caldi. C’è infine un motivo politico. Tutte le problematiche italiane piú affascinanti sono concentrate al Sud. È lí che crollano gli alibi della Prima repubblica. È proprio lí, dove lo Stato ha cercato di essere piú attivo, che anziché il progresso si è prodotto il massimo dello scempio.

Perrelli Sull’arretramento ha però influito anche la prepotente espansione della malavita.

Luttwak Prima c’è il sistema di corruzione politica e poi c’è la malavita. I vermi arrivano dopo che il dottore ha ucciso il paziente. Se il corpo è sano, i parassiti possono invece esercitare addirittura una funzione positiva. Come avviene in Giappone a OSaka, che ha per le strade piú malavita organizzata di Napoli. La polizia le permette di prendere il pizzo sui bordelli, sui night club, sui casinò, a patto però che tenga fuori dalla fascia urbana la droga. In Italia la delinquenza organizzata è solo il frutto dell’abbandono dello Stato. Ripeto, quando nel ‘48 i miei dovettero lasciare l’Europa orientale perché in seguito agli eventi bellici avevano perso il 75 per cento delle loro proprietà, la scelta fu tra Venezia e Palermo. E andarono in Sicilia, che a loro avviso garantiva una qualità di vita superiore. Sí, c’era anche molta povertà. Ma dal punto di vista culturale Palermo era una perla. Si andava all’opera, io stesso a 5 anni ho assistito a un concerto di violino di Yeudi Menuhin che aveva molti estimatori in Sicilia. C’erano scrittori che producevano buoni libri. E la quotidianità era serena. Si passeggiava, si andava al mare, la sera si prendeva il gelato. La mafia era ancora confinata nelle campagne. C’era il bandito Giuliano nelle colline. Ma la malavita non aveva ancora distrutto l’ambiente cittadino, non aveva demoralizzato la società palermitana.

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Dal Capitolo “Chiesa”:

Perrelli Anche sulla secessione, il papa appare intransigente. Non manca mai di scagliare severi moniti contro chi attenta all’unità del paese.

Luttwak È logico che sia cosí. La Chiesa cattolica è un’istituzione supercentralizzata. Tutta la sua autorità è infatti concentrata in una sola persona, il papa. E tutta la sua politica dipende appunta dalla personalità della persona che viene chiamata a quell’ufficio. Essendo papa Wojtyla una personalità autoritaria, è automatico che le sue simpatie vadano allo Stato centralista. Poi c’è un secondo fattore. La Chiesa non ha mai sofferto per le disfunzioni dello Stato. Al contrario, ha sfruttato gli ampi spazi trascurati dallo Stato per surrogarlo, esercitando funzioni statali. Se il sindaco in altri termini ha poco prestigio, aumenta in proporzione il prestigio del vescovo. Quindi è per mero tornaconto, non certo per amore dell’Italia, che il papa si scaglia contro la secessione. Ed è un’ingerenza intollerabile che si permetta di alzare la voce e di tuonare contro la Lega.

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Dal Capitolo “Mafia”:

Perrelli Lo Stato sgangherato, di cui abbiamo passato in rassegna i principali difetti, sta mettendo a segno successi significativi nella lotta contro la mafia.

Luttwak La supermafia emersa negli anni Settanta era il risultato degli equilibri politici. Spadroneggiava perché sapeva di poter contare su complicità ad alto livello. Finite queste protezioni, sparisce. Il fenomeno si ridimensiona. E il suo grado di pericolosità dipende ora da un lato dall’efficacia degli interventi dello Stato, dall’altro dalla presenza o assenza di opportunità economiche sul territorio in cui si muove. Oggi, però, c’è la novità del pentitismo: in grimaldello che ha permesso appunto di mettere a segno buoni colpi.

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Perrelli Ma perché in tutta l’Europa occidentale si è formato solo in Italia un fenomeno di grande criminalità come la mafia?

Luttwak Perché si produca questo tipo di criminalità è necessario che ci sia una popolazione economicamente arretrata, in una zona dallo sviluppo bloccato. Se però in altre aree della nazione c’è prosperità, il delinquente cercherà di fare il predatore nelle regioni piú ricche. La mafia nasce in Sicilia, ma da tempo il suo raggio di azione si è esteso a Roma e Milano. Ma non è un fenomeno esclusivo dell’Italia. Lo stesso avviene in Colombia, dove la grande criminalità nasce in periferia ma si alimenta del dinamismo e della crescita economica del paese. Lo stesso avviene in Giappone, dove la Yakuza ha origini rurali ma opera sulle piazze di Tokyo e Osaka. E, su scala piú ridotta, lo stesso avviene in Francia, dove i criminali provenienti dalla Corsica prendono di mira per le loro azioni il territorio metropolitano.

Perrelli Per molti versi, in Sicilia e in Calabria lo Stato è stato sostituito dalla mafia e dalla ndrangheta che si sono trasformate in datori di lavoro. Si è cosí creata un’economia sotterranea che dà da vivere e allontana sempre piú i suoi adepti dalle istituzioni. COme si fa a restituire a questi cittadini la fiducia nello Stato?

Luttwak La fiducia lo Stato finora non se l’è proprio meritata. La sua presenza in Sicilia e Calabria era puramente di facciata. La sua macchina era arrugginita. Pretendeva che venisse riconosciuta la sua autorità ma in cambio non dava servizi e infrastrutture. Non incoraggiava lo sviluppo dell’imprenditoria onesta e permetteva indirettamente alle organizzazioni criminali di crescere. Lo Stato, in sostanza, era assente. Con una sola eccezione. I carabinieri. Che erano però a loro volta bloccati dagli ordini provenienti dall’alto. Sapevano dove si nascondevano i boss. Conoscevano le loro ville. Vedevano gli scagnozzi fare la guardia davanti ai loro rifugi, muniti di telefonino. Ma non potevano arrestarli perché avevano protezioni politiche. E questo accentuava ancor piú la perdita di rispetto di uno Stato che veniva manipolato da governanti corrotti. Oggi quindi le cose da fare sono due: rendere decenti i servizi forniti dallo Stato e cercare di ristabilire in fretta la sua reputazione.

[...]

Perrelli Se ben gestito, insomma, il Sud dell’Italia diventerebbe la Florida d’Europa.

Luttwak La Florida è piatta, ha una brutta spiaggia e un pantano pieno di alligatori. Non rende onore alla bellezza dell’Italia meridionale un paragone con la Florida. Ma la FLorida ha successo perché le sue autorità locali riescono a massimizzare tutto grazie al piú completo liberismo. Per ottenere una licenza di ristorante o di motel, ci vogliono cinque minuti e una decina di dollari. Ed ecco che i ristoranti e i motel spuntano come funghi. In Italia avviene esattamente il contrario. Vengono sabotati perfino i santuari del turismo. Prendiamo l’Hôtel San Domenico Palace di Taormina. Per me è l’albergo piú bello dell’intero pianeta. Eppure la proprietà non lo cura come meriterebbe e resiste all’idea di venderlo a chi potrebbe gestirlo meglio. Prendiamo un altro caso: Piazza Armerina. Ci sono dei mosaici romani, come in tanti altri posti del Mediterraneo. Ma quando hai visto quelli ti puoi scordare di tutti gli altri. Bene, se Piazza Armerina fosse in Florida, avrebbe un aeroporto internazionale, con voli ogni tre minuti, almeno trecento hotel e registrerebbe un viavai continuo per dodici mesi all’anno. Con le comunicazioni che ci sono oggi, con il livello di integrazione che c’è in Europa, nelle regioni meridionali non dovrebbero esserci disoccupazione, semmai carenza di manodopera.

Perrelli È piú facile forse per lo State diventare virtuoso che cancellare una criminalità con profonde radici e con un livello di brutalità e di primitività intaccato anche nell’era del computer.

Luttwak Quando da bambino vivevo a Palermo vidi la prima trasformazione dei mafiosi. Non piú paesani che andavano in giro con il gilè, la coppola e lo schioppo. Ma gagà che con la pistola in tasca bazzicavano intorno al mercato della frutta fasciati da camicie di nylon, che erano molto di modo all’epoca. La polizia non riusciva a tenerli alla larga. Era nata la nuova mafia. Il vero salto di qualità in Sicilia è avvenuto però un po’ piú tardi, quando gli americani si allearono con i francesi per stroncare il business dell’eroina a Marsiglia. Il mercato della droga si è allora trasferito in Sicilia. È aumentato a dismisura il volume degli affari. E per agire indisturbati i mafiosi hanno avuto bisogno della protezione politica che scambiavano con i voti.

[...]

Perrelli Quanto pesa, nel giudizio che gli americani hanno di noi, la brutalità e l’inestirpabilità della piovra?

Luttwak Posso rispondere con la mia esperienza personale. Da bambino ho fatto le elementari a Palermo. Frequentavo un’ottima scuola, dove la metà dei bambini venivano in classe scalzi. Ma in America oggi se lo sognano di avere maestri cosí preparati come quelli che mi hanno insegnato a leggere e a scrivere. Mia madre nel ‘48, prima di andare al concerto, prendeva il tè e conversava in inglese con le amiche siciliane. Ebbene, quando racconto che da bambino ho vissuto a Palermo scorgo subito uno sguardo di compatimento nell’interlocutore. La Sicilia, nella sua mente, evoca automaticamente l’idea di mafia.

Fonte:Intervista a Edward Luttwak, di Gianni Perelli
Newton & Compton, 1997
Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno - È partita la grande mistificazione

Di Carmine Colacino


È partito il coro degli ascari, come ai tempi della cassa per il Mezzogiorno, tutti a cantare le glorie del governo e del federalismo, a vantare i benefici effetti sul paese e sul Mezzogiorno della nuova grande "trovata" nazionale.

Ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno solo Capecelatro e Carlo (*) nel 1972 si dissociarono e dimostrarono che questa non avrebbe funzionato perché - cosí com’era stata strutturata - il suo riformismo era talmente velleitario da essere ridicolo, mentre Confindustria remava contro premendo sul sottosviluppo (per contenere e spezzare la spinta operaia, si era allora, come già detto, nel 1972).

Come poi le cose andarono a finire, è noto, il Sud non si sviluppò, mentre diverse imprese del nord ci guadagnarono.
Del resto Capecelatro e Carlo avevano avvertito (in nota) che il particolare tipo di incentivi proposto aveva, anche nel passato, favorito le imprese piú ricche ed avanzate e quindi settentrionali.
Le critiche da loro fatte, precisano quindi, valevano anche per il passato, in cui questa politica fu, nei fatti, un fiasco.
Ma come è ben noto il passato ad alcuni non insegna niente, e quindi oggi il presidente dell’ordine dei commercialisti di Lecce ci informa che ci guadagneremo tutti dal federalismo fiscale (certo, basta mettersi d’accordo su cosa si intende per "tutti"), come per miracolo tutti gli sprechi spariranno (neanche la magistratura ci è riuscita, ma la legge sul federalismo ci riuscirà), diminuiranno i soldi al Sud, ma anche le tasse (locali e nazionali) senza diminuzione dei servizi, un miracolo quindi (come quello che si annunciava con la Cassa per il Mezzogiorno).

Il ministro Fitto (anche lui evidentemente ignaro del passato) ha spiegato che questa sarà una grande opportunità per aprire un confronto sul ruolo degli Enti locali, è evidente che la soluzione dei problemi del Sud non era poi cosí difficile se il federalismo (solo fiscale per ora, si noti) risolverà tutti i problemi.

Capecelatro e Carlo allora non vennero creduti, la loro voce si perse nel frastuono osannante del solito coro di ascari politici ed accademici (e non solo), lo stesso frastuono che si sente oggi, ma anche questa volta non è difficile prevedere quale sarà il risultato.

Il vero problema del Sud è la sua classe dirigente, oggi come nel 1860. Concludiamo con le parole di Capecelatro e Carlo:

"La morale della storia (se ce n’è una) insegna, però, una cosa: le classi che non sanno risolvere i problemi che pone lo sviluppo del loro stesso sistema, firmano una grossa cambiale che, prima o poi, verrà presentata per l’incasso."


(*) Capecelatro E.M, Carlo A. 1972. Contro la "questione meridionale" - Studio sulle origini dello sviluppo capitalistico in Italia. La nuova sinistra, Edizioni Samonà e Savelli, Roma - Appendici - Le recenti misure dello Stato a vantaggio del Sud (pp. 157-163, piú note).

Fonte:Associazione Culturale Due Sicilie

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Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno
Ieri presso il Centro Ecotekne una giornata di studio
Ieri in Ecotekne un convegno ha riunito mondo accademico e politico per affrontare il tema del federalismo fiscale, in discussione nelle stesse ore alla Camera
Ieri presso il Centro congressi Ecotekne, l'Università del Salento e l'Ordine dei Commercialisti della Provincia di Lecce, hanno organizzato una giornata di studio sul "Federalismo fiscale e sviluppo del Mezzogiorno".

Un'intera giornata di studio promossa dalla facoltà di Economia dell'Università del Salento e dai dipartimenti di Scienze economiche e matematico-statistiche e Studi aziendali, giuridici e ambientali, in collaborazione con l'Ordine dei commercialisti di Lecce. Perchè sul federalismo vale la pena documentarsi in maniera attenta e puntuale, in un momento delicato come quello di questi giorni, che sancisce un'evoluzione importante nel passaggio dal sistema di finanza derivata a quello di finanza decentrata.

Presenti all'incontro il rettore Domenico Laforgia, Stefano Adamo, il preside della facoltà di economia e Lorenzo Ria, che hanno aperto i lavori del convegno. Quindi una folta schiera di personalità del mondo accademico si è avvicendata alla cattedra del Centro congressi per analizzare punto per punto il provvedimento. Tra gli interventi, divisi in due sessioni, Alberto Zanardi, dell'Università di Bologna, Vittorio Mapelli, della Statale di Milano, Franco Paparella e Giampaolo Arachi, dell'Università del Salento, Massimo Bordignon, della Statale di Milano, e molti alti.

In apertura dell'incontro, il ministro Fitto ha riassunto i principi essenziali della manovra. "I punti chiave del provvedimento sono due - ha spiegato Fitto – da un lato la responsabilizzazione delle Amministrazioni locali, dall'altro il miglioramento della qualità della spesa pubblica. Questa sarà una grande opportunità per aprire un confronto sul ruolo degli Enti locali".

"Il Federalismo Fiscale- ha dichiarato a proposito del Convegno Rosario Giorgio Costa- dà finalmente attuazione all'art.119 della Costituzione e permetterà al Mezzogiorno di costruirsi il proprio destino, ovviamente con la prevista gradualità che necessita ogni rivoluzione epocale ma con lo spirito di chi vuole essere artefice, risorsa e non impedimento allo sviluppo globale del Paese."
"Dopo l'approvazione definitiva- continua il Presidente dell'Ordine salentino- toccherà al Governo, il cui Mezzogiorno è magistralmente rappresentato dal Fitto, l'emanazione dei decreti attuativi che daranno sostanza e scadenze precise a questo importante provvedimento legislativo che coinvolgerà tutti i cittadini, le professioni, le Università, gli Enti locali, le Province, le Regioni."
"Certo- precisa Costa- occorrerà essere capaci di contenere i costi delle funzioni che tali Enti svolgono, ma si potranno anche ridurre le tasse, e contare su entrate sicure, su tributi propri e su una migliore compartecipazione al gettito Irpef, Ires, Irap, oltre che sul fondo perequativo. Le nuove norme garantiscono che il federalismo non aumenterà bensì ottimizzerà la spesa pubblica complessiva, e l'autonomia impositiva degli Enti locali(che mira a combattere sprechi e inefficenze attraverso il passaggio ai costi standard) sarà supportata anche da trasferimenti di importanti funzioni, competenze e personale dallo Stato al sistema delle Autonomie."
"Il nuovo ordinamento- conclude il Presidente- ha anche l'obiettivo di ridurre la pressione fiscale, ormai insostenibile per il cittadino, mentre la perequazione, la fiscalità di sviluppo, l'eventuale attribuzione di risorse aggiuntive e di interventi speciali, dovrebbero consentire a tutti di partire con pari opportunità. Credo che il federalismo, così come pensato, farà del bene al nord e al sud e permetterà al nostro Mezzogiorno di poter camminare a passo spedito con le proprie gambe, di crescere e di svilupparsi a pieno titolo all'interno di questa Europa, e di essere il volano dell'intero Mediterraneo."

mercoledì 18 marzo 2009

lunedì 9 marzo 2009



« Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese del Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cuciniamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non dispenderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. »
(dalla Bibbia, libro della Genesi 11, 1-9)
Perché ho voluto riproporre questo passo della Bibbia ?? Sebbene io sia credente del mio Dio in maniera privata senza bisogno di intermediari siano essi preti,suore chiese e quant’altro,riconosco che chi ha scritto queste parole,ha dimostrato attraverso una storia, quello che i filosofi di ieri e di oggi si sono sempre chiesti. Perché gli uomini non si capiscono fra di loro sebbene parlino la stessa lingua ?
“Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro “ ecco la risposta ,ognuno di noi crede di essere portatore sano di una intelligenza unica e quindi quando si trova costretto a confrontarla con altre, anziché utilizzare la logica ed il buonsenso, si mette sulla difensiva argomentando con spirali perverse, interrompendo e anticipando la risposta prima che il suo interlocutore abbia finito di esprimere un suo pensiero confondendo così il senso della discussione fino a renderlo incomprensibile e deviato. Paradossalmente si è tutti d’accordo sull’oggetto della discussione, sull’emergenza da affrontare, però ! Già però !! C’è sempre un sé ed un mà ! La nostra intelligenza che crediamo sia superiore non accetta di essere equiparata ad altre.
Tranne che in un caso: si è tutti d’accordo quando si discute la distribuzione di privilegi,successo, opportunità,vantaggi personali, lusso ricchezza a patto che si sia oggetto della spartizione.! A quel punto delle lingue si usano solo le papille gustative ! E allora perché deve essere così difficile risolvere un problema che porta benefici a tutti e non solo ad una piccola parte di privilegiati ? Perché scattano i bizantinismi, perché si discute del sesso degli angeli, ignorando la città assediata ??
Fino a quando le lingue continueranno ad intrecciarsi fra di loro senza produrre niente se non addirittura creare danni irrimediabili ?? Purtroppo sarà più facile vedere gli uomini camminare sull’acqua che vedere i popoli di questa terra dialogare fra di loro per comprendersi e non per accelerare attraverso il caos della Babilonia delle lingue confuse, l’inevitabile processo di autodistruzione.

Remigio Raimondi

mercoledì 4 marzo 2009

martedì 3 marzo 2009

Costituente Meridionalista ? Un giorno,forse .....

Cari amici,
avete seguito su questo sito gli sforzi che personalmente ho compiuto nel tentativo di costituire un unico soggetto politico meridionalista, capace di farsi carico dei bisogni dei nostri territori e delle aspettative dei nostri concittadini. C’è stata una riunione a Cosenza, durante la quale 18 tra associazioni e movimenti hanno sottoscritto un patto di unità e ci siamo tutti illusi che il sogno potesse diventare realtà. Poi un’incontro a Salerno, una manifestazione ad Acireale, l’evento di Bari promosso dalla senatrice Poli Bortone…
Tutto sembrava procedesse nella direzione e nella prospettiva auspicate, ma nel momento decisivo – com’è sempre purtroppo accaduto in passato – sono venuti fuori pregiudizi, egoismi, miopie, chiusure, vecchie e nuove resistenze.
Per andare in tempi brevi all’assemblea costituente del “partito del sud” occorreva che ciascuno facesse un passo indietro, rispetto alle pur legittime aspirazioni personali, per farne fare uno avanti al progetto condiviso. Così non è stato, perché – ancora una volta! – è prevalso il male antico dell’individualismo meridionale: ognuno innamorato del proprio “giocattolo”, cultore della propria personalità, prigioniero del proprio schema.
Bene, chi mi conosce sa che posso avere mille difetti ma non quello dell’ipocrisia: non ci sono, almeno nell’immediato e con certi interlocutori, le condizioni per andare avanti nella direzione della “costituente meridionalista” e, per quanto mi riguarda, mi chiamo fuori da questo teatrino.
Chi vuole, potrà provarci. Altri potranno iscriversi al partito di Lombardo e immaginare di battersi per le magnifiche sorti e progressive del Sud. Altri ancora, magari, fare un accordo elettorale con la Lega oppure un’alleanza con l’UDC! I più ostinati e perversi potranno, invece, continuare a masturbarsi mentalmente col proprio movimento-giocattolo, durante l’ennesima stagione elettorale dove si consumano eterne partite di potere ed effimeri protagonismi.
Per quanto mi riguarda torno al mio impegno in Calabria e per la Calabria. Quando ci saranno le condizioni per fare altro e di più vedremo.
Il Manifesto-Carta dei Valori rimarrà come bozza del progetto dei nostri “Comitati per la Calabria Libera” e nei prossimi giorni faremo una riunione riservata agli amici calabresi che hanno condiviso e vogliono continuare a condividere con noi questo percorso.
Sul piano nazionale, manterremo e rafforzeremo la rete con associazioni e movimenti meridionalisti che hanno il nostro stesso “sentire” ma in questa fase, e nel medio periodo, le daremo la struttura di area-laboratorio culturale, politico e programmatico.
Il Sud nei prossimi mesi e forse nei prossimi anni vivrà situazioni difficili a causa della crisi economica che pagheranno particolarmente i territori deboli e marginali. Per affrontarla c’è bisogno di un’altra classe dirigente, veramente libera, leale e protagonista. A questo impegno mi dedicherò con passione ed entusiasmo: in Calabria con un soggetto politico organizzato e strutturato su tutto il territorio, nel Sud con la forma “laboratorio” sopra accennata.
Tutto il resto forse non sarà noia, ma non mi interessa più.
Beniamino Donnici

2 Marzo 2009

Esiste ancora la "questione meridionale" ?

Il Sud e la Sicilia verso la nuova frontiera mediterranea *

Di Agostino Spataro

Esiste ancora la questione meridionale?
Non è una boutade, ma una domanda pertinente che sollecita una verifica della realtà attuale di questa grande area poco sviluppata che comprende 8 regioni, suddivise in 28 province, che rappresentano il 75% delle acque territoriali, il 41% della superficie e il 35% della popolazione italiane.

Un territorio carico di storia e di cultura, ma segnato da acute contraddizioni sociali ed economiche che parevano insanabili per via ordinaria.
Tanto che, agli inizi degli anni ’50, la politica italiana decise di affidare il Sud alle cure di un ministero ad hoc istituito e agli interventi operativi speciali della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez).

Da allora ad oggi qualcosa è cambiato in meglio, tuttavia la questione meridionale resta come palla al piede dell’Italia. Se non altro perchè è rimasto immutato il divario col Nord.

Recenti dati Istat ci dicono che l’apporto del Sud alla formazione del PIL italiano è stato nel 2007 del 23,8% mentre nel 1979 era del 24,0%.
Addirittura una leggera flessione che segnala il permanere di una difficoltà di fondo che acuisce il disagio sociale e scoraggia gli investimenti italiani e soprattutto stranieri.

Secondo l’ultimo rapporto Svimez, nel 2006, solo lo 0,66% degli investimenti diretti esteri sono stati allocati nel Sud mentre il 99,34% si é orientato verso il centro nord.

All’interno del dato globale di segno negativo, si registrano significativi progressi a macchia di leopardo, concentrati specialmente nelle 4 regioni più piccole che stanno “fuoriuscendo” dal Mezzogiorno.

La svolta riguarda Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna che, nel 2007, hanno fatto registrare un Pil pro-capite superiore alla media meridionale attestatasi su 17.552 euro.

I fattori di tale performance sono molteplici: innovazione, prossimità con i mercati, efficienza dell’infrastrutture e dei servizi, ecc. Tuttavia, il fattore più influente, e unificante, sembra essere l’assenza del predominio mafioso sui loro territori.
L’esatto contrario di quanto si verifica nelle rimanenti regioni Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, tutte al di sotto della media del Pil, segnate da una soffocante presenza della criminalità organizzata (rispettivamente: Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita) che condiziona l’economia, l’amministrazione e, in una certa misura, la società civile.

Un Mezzogiorno dentro il Mezzogiorno
Una vistosa divaricazione interna che ha creato un mezzogiorno dentro il mezzogiorno.

In Calabria, Sicilia e Campania non c’è un vero mercato, non c’è libera concorrenza, ma prevalgono forme di produzione e di accumulazione pre- moderne, basate sulla violenza e sull’illegalità, che consentono alle mafie di produrre un “fatturato” stimato (forse per difetto) in 130 miliardi di euro, corrispondente al 40% del Pil meridionale e al 10% di quello italiano.
Un’incidenza davvero ragguardevole, ben oltre i limiti fisiologici tollerabili, maggiore di quella derivata dal fatturato di alcuni grandi gruppi industriali italiani.
Un fiume di denaro che, oltre a sfuggire in gran parte al fisco, fa della criminalità uno dei soggetti principali dello scenario economico e finanziario del Paese, con articolazioni importanti in diversi Stati europei, dell’est e dell’ovest.
A ben pensarci, senza questo 10% d’origine malavitoso forse l’Italia non potrebbe sedere nel club del G8. Molti, soprattutto all’estero, si chiedono: perchè lo Stato democratico, i diversi governi succedutisi non hanno mai intrapreso una lotta seria, definitiva contro le organizzazioni criminali?

Il pensiero corre ai voti che le mafie convogliano sui partiti di governo. Ma il voto, da solo, non basta a spiegare un fenomeno così potente e radicato.
In realtà, la motivazione principale credo stia in questi enormi flussi di capitali che, per vari canali, anche leciti, affluiscono nel sistema economico e nel circuito finanziario nazionale ed internazionale.

Insomma, senza questo apporto, ormai consolidato, verrebbe a mancare un pilastro finanziario importante, difficilmente sostituibile con risorse lecite.

Immigrazione e federalismo egoistico
Ma torniamo al Meridione dove al permanere di dinamiche così perverse si registra l’attivazione di alcune più virtuose che hanno favorito l’emancipazione economica di talune regioni.

Tutto ciò è successo nel corso degli ultimi tre lustri (1992-2007), ovvero durante la lunga e confusa (e non conclusa) fase della transizione politica italiana, apertasi con l’esplosione di “tangentopoli” (1992) che ha travolto il sistema politico della ”prima Repubblica” e capovolto i termini del tradizionale rapporto nord-sud.
Nel senso che, anche grazie alle pressioni ricattatorie della Lega di Bossi, nell’agenda politica e di governo non figura più la “questione meridionale”, ma quella “settentrionale”, accompagnata dalla rivendicazione di un “federalismo fiscale” caricato di un significato punitivo verso il sud “sprecone”.

Il progetto di riforma federalista, già varato dal governo Berlusconi, se attuato rischia di perpetuare, di acutizzare il divario fra nord e sud e quindi d’innescare una contrapposizione fra regioni ricche del centro nord e regioni meno sviluppate del sud che potrebbe disarticolare l’autorità dello Stato e l’unità della nazione.
Si creerebbe, così, il clima perfetto per consentire alla Lega di far passare la sua idea costitutiva di secessione del nord, mai veramente abbandonata.
Un progetto subdolo, disastroso per l’Italia e per l’Europa, che non si nutre soltanto dell’egoismo razzista di taluni gruppi improvvisamente arricchitisi, ma che fa leva su alcuni fenomeni sociali nuovi che stanno modificando il tradizionale rapporto fra nord e sud del Paese.

Fra questi, grande importanza assume l’immigrazione extracomunitaria. L’afflusso, piuttosto recente, nelle regioni del centro-nord di milioni d’immigrati ha fatto venir meno uno dei presupposti del “patto scellerato” sul quale si è fondato, dall’Unità in poi (1860), il difficile equilibrio fra nord e sud. Com’è noto, quel “patto”, mai ufficialmente ammesso, assegnava al Sud una doppia funzione subalterna verso l’industria del nord: di fornitore di braccia e cervelli e di grande mercato di consumo.

Oggi, il nord, giunto ad uno stadio di saturazione del suo sviluppo e in forte competizione con altre realtà industriali europee e mondiali, alle braccia meridionali preferisce quelle provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina.
Meglio se clandestine poiché costano meno e non hanno diritti da rivendicare.
Tuttavia, il Nord non può fare a meno del Mezzogiorno che resta pur sempre un importante mercato (circa 20 milioni di consumatori) e luogo strategico di deposito, trasformazione e distribuzione di prodotti energetici. Soltanto in Sicilia si raffina il 40 % delle benzine, mentre sulle sue coste approdano due giganteschi metanodotti provenienti dall’Algeria e dalla Libia.

Nei nuovi programmi, in corso di attuazione, è prevista, sempre in Sicilia, la realizzazione di due grandi impianti di ri- gassificazione e almeno di una centrale nucleare.

Insomma, il sud sempre di più acquisterà un peso decisivo nella strategia di approvvigionamento energetico del Paese.

Il Mezzogiorno ponte europeo nel Mediterraneo
Anche se la Casmez è stata abolita, l’intervento speciale nel Sud, seppure in misura ridotta, è continuato sotto altre forme. In particolare, utilizzando i vari progetti comunitari, purtroppo concepiti ed attuati in continuità col vecchio meccanismo e, pertanto, con risultati vicini allo zero.

Peccato! Poiché si è persa un’altra importante occasione per il Sud.
Infatti, oltre ad avere sprecato una gran quantità di denaro pubblico, si rischia di non cogliere le tante opportunità che si produrranno, nei prossimi anni, grazie allo sviluppo globale e multi polare nella zona mediterranea.

Il Mezzogiorno, fisicamente e storicamente proiettato nell’area mediterranea, potrebbe candidarsi a divenire zona-cerniera, ponte del partenariato e della zona di libero scambio euromediterranei.

Cambierebbe così il suo ruolo: da area emarginata a punta più avanzata dell’Italia e dell’Europa del dialogo e della cooperazione con i Paesi rivieraschi.
Inoltre, sappiamo che nel Mediterraneo, speriamo al più presto pacificato e politicamente co-gestito, si materializzerà, attraverso il canale di Suez, una fra le più sconvolgenti novità sul terreno dei rapporti economici, culturali e politici fra Europa e Asia.

Per il sud italiano, così come per altri sud europei, si apre, infatti, una prospettiva inedita, rappresentata dai crescenti flussi commerciali e finanziari provenienti dall’Asia e dall’Africa, in particolare, oggi, da Medio Oriente, Cina, India, Giappone, Oceania.

Una prospettiva che potrebbe consentire al Mediterraneo un “ritorno” al ruolo storicamente assolto fino al 1492.

(Fine Parte I)

lunedì 2 marzo 2009

ADESSO E ACCESSO !

Forse e tempo di discutere del Sud e di tutti i suoi problemi,con Meridionali residenti,emigrati al Nord e nel resto del Mondo. Gente comune che prova sulla sua pelle il disagio ,di essere rappresentati da politici finti meridionalisti incapaci e cialtroni ! Una “questione meridionale” non più come ritardo e degrado, ma come disagio e disastro. Non mi sembra un aspetto marginale, dato che "ritardo e degrado" sono indicativi di un approccio razzista, discriminatorio (visto che ci sono anche delle notevoli falsificazioni storiche alle spalle) mentre termini come "disagio e disastro" sono delle mere "fotografie dell'esistente" e sono l'unica base condivisa (ormai) sulla quale si possa iniziare a discutere.
Argomenti di discussione sono tanti a partire dall’ inettitudine e responsabilità dei gruppi dirigenti politici, ma anche di tanti operatori e professionisti subalterni alle amministrazioni di turno quella che è la situazione di un’intera terra, dominata da scambi clientelari, da appartenenze legate ad interesse, da affarismi amorali e immorali, da iniziative portate avanti in nome del proprio particolare. Tanti, molti, visibili e invisibili, giocano, drammaticamente, con il medesimo mazzo di carte. Famelici e assetati attrattori di fondi pubblici sottratti ad operatori onesti e volenterosi costretti a destreggiarsi in un territorio inquinato e devastato ! Povera terra devastata da nuovi barbari arricchiti o in cerca di ricchezza, senza sapere bene come, spesso con la violenza e il malaffare. Senza meriti. Senza altre qualità che quelle dell’imbroglio e dell’inganno. Povera e bella terra assediata e saccheggiata da chi non fa che esaltarne le bellezze e intanto pensa a profitti facili e veloci. Terra di sole e di mare con i piani per i villaggi turistici organizzati dai dirottatori di denaro pubblico, mentre i turisti fuggono dalle spiagge ridotte ad una pattumiera da depuratori miliardari mai messi in funzione. Pianga e s’indigni, rifletta e analizzi chi può, chi ha ancora forza, perché quello che domina è il silenzio. Silenzio devastante, ammiccante, ben calibrato di chi ha voglia di “depistare”, di fare volgere lo sguardo altrove.
Mentre leggiamo con sgomento i giornali e ci rendiamo conto che al peggio non c’è mai fine (e non sappiamo cosa altro temere) siamo avvolti da scomposti rumori e da un sostanziale, incomprensibile silenzio, appunto. Essere privati del futuro, essere allontanati dalle attività produttive, controllati nei tribunali, impediti nella libera concorrenza, vivere sotto un regime dittatoriale non dovrebbero bastare a suscitare almeno una qualche indignazione? Invece nulla da dire. Nulla da dire i politici e gli amministratori del Sud dell’Italia quelli che pronunciano fiumi di parole per sostenere verifiche e controverifiche, per mai amministrare. Nulla da dire i rappresentanti delle professioni e delle categorie che si limitano a doverose difese corporative e di ufficio. Nulla da dire i giovani più o meno organizzati e che si sono adattati alla stagnante situazione delle province più addormentate d’Italia.
Nulla da dire i tanti professionisti le cui competenze sono messe a dura prova dai colleghi che li soffocano e li opprimono con la loro pratica, fuori dalle regole, di attrarre fondi, ottenere finanziamenti europei o regionali, costruire villaggi ed ecomostri che poi provocano disastri o ricchezza per pochi furbetti. Nulla da dire i deputati e senatori meridionali se non sterili ed innocue interrogazioni parlamentari, pensando di cavarsela con le congratulazioni agli eroici protagonisti di un’ iniziativa di polizia e giudiziaria e con l’augurio rituale che le indagini continuino. Nulla da dire i rappresentanti delle associazioni di categorie, spesso oltremisura loquaci e che adesso non rilasciano nemmeno generiche dichiarazioni di consenso alle iniziative spontanee di Cittadini ormai costretti all’insorgenza. Parole come democrazia, libertà, legalità, libera impresa, scuola come centro di sapere, tribunale, inteso come luogo di Giustizia e non come sede in cui le regole processuali possono venire stravolte, non sembrano avere più un senso, non sono più nemmeno evocate.
La nostra sindrome degli assediati è di sentirci, addirittura, offesi soltanto perché qualcuno ci ricorda quello che tutti sappiamo e che sopportiamo con dolore. Ci preoccupiamo più delle immagini negative sul Sud e non di chi le crea con i suoi comportamenti.

Oggi in tempi di Show Business,di Auditel,di Reality Show, di Format, di dibattiti politici con i soliti attori rissosi e pieni di superbia sarebbe opportuno riproporre le trasmissioni dell’Accesso dove comuni Cittadini possano esercitare il diritto democratico di critica e rivendicare i propri Diritti Costituzionali.
domenica 1 marzo 2009
UNITI SOTTO LA STESSA BANDIERA DEL SUD


A TUTTI I MOVIMENTI MERIDIONALISTI, OVUNQUE OPERANTI

Il Comitato esecutivo del Partito del SUD, riunitosi a Gaeta il 28 Febbraio, ha deliberato quanto segue:

PRESO ATTO che la crisi economica e sociale del Sud Italia non riscontra nel Governo centrale alcun segnale rivolto a porre in essere provvedimenti concreti ed efficaci per arrestare tale declino.

PRESO ATTO che le politiche del Governo vengono fortemente condizionate dalla Lega Nord che esprime azioni contrarie rivolte solo a garantire la conservazxione dello status quo a favore delle Regioni più ricche del centro-nord.

PRESO ATTO che la posizione del Partito del Sud è nettamente contraria alla truffa del federalismo fiscale che la Lega ha imposto alle forze della maggioranza con l'inspiegabile complicità dell'MPA.

PRESO ATTO che l'MPA, come acclarato dal Congresso di Roma, ha palesemente manifestato pieno sostegno alle politiche del governo centrale, pieno appoggio al federalismo fiscale imposto dalla Lega Nord ed individuato, altresì, nella Lega Nord un partner politico a tutto campo.

ESPRIME LA VOLONTA'
di proseguire il processo avviato di dare vita ad una COSTITUENTE MERIDIONALISTA che si prefigga l'obiettivo di dare alla comunità meridionale un soggetto politico di rappresentanza e di difesa dei propri interessi con l'obiettivo di favorire, dal basso, dalle contrade, dalle città, la rinascita del Sud.

Inoltre

CONSIDERATO che molti liberi movimenti meridionalisti hanno già manifestato il loro interesse a dare concretezza a tale processo.

CONSIDERATO che tale processo è stato avviato nel mese di Febbraio con l'assemblea di Cosenza, promossa dall'europarlamentare meridionalista Beniamino Donnici e, successivamente con l'affollata conferenza di Acireale.

CONSIDERATO che l'impegno assunto merita partecipazione, condivisione e continuità.

CONSIDERATO che, in quella sede, il Vice Coordinatore nazionale Erasmo Vecchio, presente in rappresentanza del Partito del Sud, ha ufficialmente assunto tale impegno ritenendo l'iniziativa promossa coerente con le finalità del Partito.

INVITA

tutti i MOVIMENTI MERIDIONALISTI a fare fronte comune per accelerare tale processo e a partecipare ad una riunione che si terrà nelle prossime settimane in data e luogo da individuare.

Nella certezza che ogni movimento è portatore di lodevole passione, che le diversità di opinione meritino assoluto rispetto e che in democrazia rappresentano una ricchezza, ogni movimento, gruppo, associazione o partito meridionalista, autonomista, federalista potrà prendervi parte, con orgoglio e dignità, senza preclusione alcuna.

In quella sede sarà dato vita ad una federazione unitaria che sarà coordinata da un CCM (Comitato Centrale Meridionale) il quale darà vita ad un GOVERNO DEL SUD, luogo di confronto, proposta ed azione politica.

Il ruolo di questo “GOVERNO DI LIBERAZIONE" è importantissimo: criticando e sottoponendo a stringenti analisi le decisioni dell’esecutivo in carica, il governo meridionalista cercherà di mettere in luce le contraddizioni e le scelte errate dell'attuale governo.

Per funzionare al meglio, il GOVERNO DEL SUD dovrà avere, inoltre, un forte ruolo propositivo: tra i suoi compiti ci sarà quello di suggerire alternative efficaci ed efficienti alle politiche messe in campo dal governo centrale.

Di aprire rapporti con rappresentanti istituzionali che ne condividano le idee, anche se appartenenti a formazioni politiche diverse, di promuovere inziative di mobilitazione nel territorio per cercare di partecipare alle elezioni amministrative di Giugno 2009 con identico simbolo, nelle province e nei comuni.

Per ogni comunicazione: costmeridionalista@libero.it
Pubblicato da NON MI ARRENDO a 3/01/2009 05:48:00 PM 0 commenti
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