Tutti abbiamo un fratello che cerca un lavoro e non lo trova. Una cugina infermiera che vorrebbe essere trasferita da un ospedale all’altro. Un amico di famiglia che vorrebbe diventare capufficio. L’avvocato iscritto allo stesso club che vorrebbe qualche pratica legale di un ente importante. L’imprenditore che vorrebbe qualche appalto. Il condomino che vorrebbe la consulenza. Tutti sono convinti che ci vuole la chiave politica per ottenerlo, spetti o non spetti. Anzi sono un po’ rassegnati a non riuscirci, un po’ alla caccia del modo per riuscirci. Trovandosi spesso, se la chiave non è giusta, davanti al muro edificante della politica che risponde: noi non facciamo favori, noi siamo per la legalità, per noi vale il merito, noi siamo persone corrette. E per favore: noi non facciamo telefonate, né, vi prego, vorremmo riceverne.
IO DO A TE, TU DAI A ME - Sarebbe bello così. E magari qualche anima pia ci crede anche. Poi spuntano le intercettazioni di una qualsiasi delle ultime inchieste giudiziarie sulla politica e sulla pubblica amministrazione, e si capisce puntualmente tutto il contrario. Magari non reati. O reati che, se lo sono, saranno accertati dopo tanto di quel tempo che nessuno se ne ricorderà più. Ma comportamenti tali da far venire il disgusto per la politica, da far arrivare alla spiccia conclusione che è tutto uno schifo, la prossima volta non vado neanche a votare. Ora non vengano fuori i soliti professionisti del distinguo: sono casi isolati, nessuno si permetta di parlare di sistema. Non vengano fuori i soliti professionisti dell’accusa di qualunquismo per chiunque li scopre con le mani nella marmellata.
E’ un sistema. Perché stranamente compare ovunque si vada a togliere il coperchio. E che forse non viola la legge dei codici ma di sicuro viola la legge della morale. Anzi non della morale, che non frega più niente a nessuno, ma della decenza. Anzi non della decenza, che meno che mai frega niente a nessuno, ma della dignità, se riesce a smuovere ancòra qualcuno. Fare del proprio potere, anzi della propria funzione non un servizio alla comunità ma un servizio ai parenti, ai conoscenti, al compagno di partito, a chi ha dato i voti, a chi potrebbe darli. E tutto con soldi pubblici, cioè i soldi di tutti, compresi quelli che vorrebbero pulizia e ritrovano marciume. Il sistema è sistema perché c’è una perfetta contabilità del dare e dell’avere: io oggi chiedo e ottengo da te, tu domani chiedi e ottieni da me. Un circolo chiuso, una rete che diventa la normalità. Questa la scoperta più impressionante: la normalità del comportamento. Così diffuso da ritenere che nessuno si ponga il problema se sia giusto o no. Appena si è eletti o si entra in carica scatta il delirio di onnipotenza e di impunità. Il diritto ad abusarne. Ad arricchirsi. A fare il comodo proprio. A prendere tutto sùbito. A piazzare qui e là chi si vuole. A sollecitare la delibera. Ad accelerare la pratica. A spingere la decisione. A sensibilizzare chi non ci sta e potrebbe mettersi di traverso, fare il fanatico. A far girare di qui e lì sempre i soliti noti, il mestiere della politica per chi spesso non ha mai avuto un mestiere. E con la politica che si infila anche dove non c’entra un fico.
L’INCOMPETENZA AL POTERE - Così la politica ti nomina il primario ospedaliero senza capire un’acca di bisturi ma capendo molto di clientelismo. Così la politica ti nomina il presidente della municipalizzata che non capisce un’acca né di bus né di igiene urbana. Così la politica ti piazza nel consiglio di amministrazione senza che ne capisci un’acca di bilanci. Così la politica ti sistema nel consiglio direttivo della banca senza che ne capisci un’acca di conti correnti. Così la politica ti affibbia una protesi al ginocchio che ti farà camminare peggio. Non il diritto ma l’abuso, non la competenza ma l’incompetenza al potere. Con i risultati sotto gli occhi di tutti: disservizio, inefficienza, cattiva amministrazione, sprechi.
Questa politica sembra un grande ufficio di collocamento, un supermercato di qualifiche e di assunzioni, di promozioni e di incarichi, di assegnazioni di lavori e di attribuzioni di fondi. Un maxi-rigurgito di ingordigia. La politica del non ti preoccupare ci penso io, del faccio io un intervento, del dammi qualche giorno e risolviamo. Sarà lo sfogo di un cittadino di cattivo umore e che esagera. Ma è ciò che quel cittadino che non si arrende al peggio pensa leggendo, per esempio, del perenne scandalo della sanità in Puglia.
Dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 5 Marzo 2011
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